Un film già visto esattamente venti giorni prima. Anche ieri pomeriggio – nel centro di Gerusalemme, a due passi dall'hotel di lusso che ospita Barack Obama – un residente di Gerusalemme Est ha preso un bulldozer e si è scagliato contro un autobus. Ed esattamente come venti giorni prima, l'attentatore è stato freddato da un poliziotto. Questa volta, però, non si sono registrate vittime: il bilancio, aggiornato a questa mattina, parla di 24 feriti.
"Stavo guidando sulla strada principale, quando il bulldozer mi ha colpito nella parte posteriore, sul lato destro" racconta a Channel 10 l'autista dell'autobus coinvolto nell'attentato: dopo il primo colpo, l'attentatore "ha conficcato due volte la pala nei finestrini". Caso vuole che ad essere colpito sia stato il bus n° 13, appartenente alla stessa linea di quello colpito il 2 luglio in Jaffa Street. Secondo un testimone, stancatosi del bus l'attentatore "ha improvvisamente iniziato scagliarsi contro alcuni veicoli". Un portavoce della polizia racconta poi l'ultimo atto del terrore: "Un civile che ha visto cosa stava accadendo, gli ha sparato. Ma il bulldozer continuava per la sua strada. Allora una pattuglia della polizia ha continuato a sparare, e il terrorista è stato ucciso".
L'attentato di King David Street – che per Hamas è "una naturale reazione ai crimini dell'occupazione israeliana" – non è ancora stato rivendicato. La polizia, però, ha scoperto l'identità dell'attentatore: si tratta di Ghasan Abu-Tir, un ventiduenne residente nel quartiere Umm Tuba (Gerusalemme Est). Come accaduto per l'ultimo attentato, anche in questo caso il terrorista aveva assoluta libertà di movimento su tutto il territorio israeliano. Ma nel caso di Abu-Tir, un altro particolare non va assolutamente trascurato: un parente del ragazzo, Muhammad Abu-Tir, è un legislatore di Hamas detenuto nelle carceri israeliane.
Ucciso l'attentatore, il centro di Gerusalemme è stato blindato: in King David Street, infatti, si trova l'albergo che di lì a poche ore avrebbe dovuto ospitare il candidato democratico alla Casa Bianca Barack Obama, in visita in Israele. A poco meno di un chilometro, inoltre, il presidente israeliano Shimon Peres stava accogliendo il presidente dell'Anp Abu Mazen, rinnovando gli auspici per la pace tra i due popoli. E proprio dal palazzo presidenziale sono giunte le prime parole di condanna: "Israele non può accettare attacchi terroristici come parte della routine quotidiana – ha dichiarato il presidente israeliano – e le forze di sicurezza prenderanno tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza dei cittadini di Gerusalemme". Abu Mazen, da parte palestinese, ha condannato l'attacco opponendosi "con tutto il cuore ad ogni atto di terrorismo": "Voglio inviare i miei auguri di pronta guarigione a tutti i feriti".
Il coro di condanna è unanime. Il governo ha parlato per bocca del portavoce Mark Regev: "Questo è un altro tentativo di uccidere innocenti per mezzo di un insensato attacco terroristico. Tutte le persone che credono nella pace e nella riconciliazione dovrebbero condannare inequivocabilmente l'attacco: sfortunatamente, è chiaro che la nostra società deve rimanere molto vigile contro il terrorismo". Parlando da Amman, dove è stato raggiunto dalla notizia dell'attacco, anche Barack Obama ha potuto dire la sua: "Condanno fortemente questo attacco e supporterò sempre Israele contro il terrorismo e nella ricerca della pace e della sicurezza".
Ma le dichiarazioni più interessanti sono quelle rilasciate a Channel 10 dal sindaco di Gerusalemme, Uri Lupolianski, che esce dalle formule di rito per andare al cuore dei problemi. "Dovremmo riconsiderare l'assunzione di queste persone" ha detto riferendosi agli abitanti di Gerusalemme Est: il bulldozer impiegato dall'attentatore, infatti, è stato prelevato da un cantiere nei pressi del quartiere Yemin Moshe. "Vediamo come – ha continuato il sindaco – dopo che il Shin Bet e il Mossad fanno un ottimo lavoro e sbattono il terrorismo fuori dalla porta, quello torna dentro dalla finestra".
Quello sollevato da Lupolianski è un problema cruciale: gli attentati luglio mettono Israele di fronte a una nuova forma di terrorismo, praticamente incontrollabile. Chi attacca lo fa spesso di propria iniziativa: è una sorta di terrorismo fai-da-te, portato a compimento da ragazzi con un passaporto israeliano in tasca e dunque liberi di girare e lavorare in Israele. Il problema, a questo punto, è quanti di loro siano pronti a seguire questa strada: quello che si sa è che nella prima metà del 2008 lo Shin Bet – l'agenzia per la sicurezza interna – ha arrestato 71 residenti di Gerusalemme Est, sospettati di essere implicati in attacchi terroristici. In tutto il 2007, gli arrestati sono stati solo 37: l'incremento è preoccupante.
Ma i problemi non finiscono qui: ad accendere il dibattito, infatti, sono anche le possibili risposte israeliane agli attacchi. Dopo l'attentato del 2 luglio, Olmert e Barack avevano espressamente parlato della possibilità di radere al suolo le case dei terroristi: una pratica già utilizzata in passato, poi interrotta nel 2005. Ma il terrorismo corre molto più veloce della burocrazia, che ha impaludato le pratiche tornare ai metodi di qualche anno fa. Tra le possibilità – prospettate questa mattina dal quotidiano "Haaretz" – ci sarebbe quella di un ordine esecutivo da parte Yair Golan, capo dell'Home Front Command (comando regionale dell'esercito israeliano): le famiglie dei terroristi, però, potrebbero appellarsi alla Corte Suprema.
A complicare ulteriormente le cose, infine, c'è l'interpretazione degli attacchi. Perché le case dei terroristi possano essere distrutte, lo Shin Bet dovrebbe prima riconoscere gli attacchi come atti terroristici: i servizi interni israeliani, però, sembrano più propensi a parlare di "casi isolati". Ecco allora che le forze di sicurezza hanno discusso altre possibili misure: espellere le famiglie dei terroristi dalla città e revocare loro il passaporto israeliano. Ma anche in questo caso sarebbero necessarie modifiche alle leggi vigenti, e la Corte Suprema potrebbe sempre dare ragione alle famiglie. Mentre una nuova forma di terrorismo si affaccia su Gerusalemme, le soluzioni da parte israeliana sono molto più lontane di quanto potrebbe sembrare.
"Stavo guidando sulla strada principale, quando il bulldozer mi ha colpito nella parte posteriore, sul lato destro" racconta a Channel 10 l'autista dell'autobus coinvolto nell'attentato: dopo il primo colpo, l'attentatore "ha conficcato due volte la pala nei finestrini". Caso vuole che ad essere colpito sia stato il bus n° 13, appartenente alla stessa linea di quello colpito il 2 luglio in Jaffa Street. Secondo un testimone, stancatosi del bus l'attentatore "ha improvvisamente iniziato scagliarsi contro alcuni veicoli". Un portavoce della polizia racconta poi l'ultimo atto del terrore: "Un civile che ha visto cosa stava accadendo, gli ha sparato. Ma il bulldozer continuava per la sua strada. Allora una pattuglia della polizia ha continuato a sparare, e il terrorista è stato ucciso".
L'attentato di King David Street – che per Hamas è "una naturale reazione ai crimini dell'occupazione israeliana" – non è ancora stato rivendicato. La polizia, però, ha scoperto l'identità dell'attentatore: si tratta di Ghasan Abu-Tir, un ventiduenne residente nel quartiere Umm Tuba (Gerusalemme Est). Come accaduto per l'ultimo attentato, anche in questo caso il terrorista aveva assoluta libertà di movimento su tutto il territorio israeliano. Ma nel caso di Abu-Tir, un altro particolare non va assolutamente trascurato: un parente del ragazzo, Muhammad Abu-Tir, è un legislatore di Hamas detenuto nelle carceri israeliane.
Ucciso l'attentatore, il centro di Gerusalemme è stato blindato: in King David Street, infatti, si trova l'albergo che di lì a poche ore avrebbe dovuto ospitare il candidato democratico alla Casa Bianca Barack Obama, in visita in Israele. A poco meno di un chilometro, inoltre, il presidente israeliano Shimon Peres stava accogliendo il presidente dell'Anp Abu Mazen, rinnovando gli auspici per la pace tra i due popoli. E proprio dal palazzo presidenziale sono giunte le prime parole di condanna: "Israele non può accettare attacchi terroristici come parte della routine quotidiana – ha dichiarato il presidente israeliano – e le forze di sicurezza prenderanno tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza dei cittadini di Gerusalemme". Abu Mazen, da parte palestinese, ha condannato l'attacco opponendosi "con tutto il cuore ad ogni atto di terrorismo": "Voglio inviare i miei auguri di pronta guarigione a tutti i feriti".
Il coro di condanna è unanime. Il governo ha parlato per bocca del portavoce Mark Regev: "Questo è un altro tentativo di uccidere innocenti per mezzo di un insensato attacco terroristico. Tutte le persone che credono nella pace e nella riconciliazione dovrebbero condannare inequivocabilmente l'attacco: sfortunatamente, è chiaro che la nostra società deve rimanere molto vigile contro il terrorismo". Parlando da Amman, dove è stato raggiunto dalla notizia dell'attacco, anche Barack Obama ha potuto dire la sua: "Condanno fortemente questo attacco e supporterò sempre Israele contro il terrorismo e nella ricerca della pace e della sicurezza".
Ma le dichiarazioni più interessanti sono quelle rilasciate a Channel 10 dal sindaco di Gerusalemme, Uri Lupolianski, che esce dalle formule di rito per andare al cuore dei problemi. "Dovremmo riconsiderare l'assunzione di queste persone" ha detto riferendosi agli abitanti di Gerusalemme Est: il bulldozer impiegato dall'attentatore, infatti, è stato prelevato da un cantiere nei pressi del quartiere Yemin Moshe. "Vediamo come – ha continuato il sindaco – dopo che il Shin Bet e il Mossad fanno un ottimo lavoro e sbattono il terrorismo fuori dalla porta, quello torna dentro dalla finestra".
Quello sollevato da Lupolianski è un problema cruciale: gli attentati luglio mettono Israele di fronte a una nuova forma di terrorismo, praticamente incontrollabile. Chi attacca lo fa spesso di propria iniziativa: è una sorta di terrorismo fai-da-te, portato a compimento da ragazzi con un passaporto israeliano in tasca e dunque liberi di girare e lavorare in Israele. Il problema, a questo punto, è quanti di loro siano pronti a seguire questa strada: quello che si sa è che nella prima metà del 2008 lo Shin Bet – l'agenzia per la sicurezza interna – ha arrestato 71 residenti di Gerusalemme Est, sospettati di essere implicati in attacchi terroristici. In tutto il 2007, gli arrestati sono stati solo 37: l'incremento è preoccupante.
Ma i problemi non finiscono qui: ad accendere il dibattito, infatti, sono anche le possibili risposte israeliane agli attacchi. Dopo l'attentato del 2 luglio, Olmert e Barack avevano espressamente parlato della possibilità di radere al suolo le case dei terroristi: una pratica già utilizzata in passato, poi interrotta nel 2005. Ma il terrorismo corre molto più veloce della burocrazia, che ha impaludato le pratiche tornare ai metodi di qualche anno fa. Tra le possibilità – prospettate questa mattina dal quotidiano "Haaretz" – ci sarebbe quella di un ordine esecutivo da parte Yair Golan, capo dell'Home Front Command (comando regionale dell'esercito israeliano): le famiglie dei terroristi, però, potrebbero appellarsi alla Corte Suprema.
A complicare ulteriormente le cose, infine, c'è l'interpretazione degli attacchi. Perché le case dei terroristi possano essere distrutte, lo Shin Bet dovrebbe prima riconoscere gli attacchi come atti terroristici: i servizi interni israeliani, però, sembrano più propensi a parlare di "casi isolati". Ecco allora che le forze di sicurezza hanno discusso altre possibili misure: espellere le famiglie dei terroristi dalla città e revocare loro il passaporto israeliano. Ma anche in questo caso sarebbero necessarie modifiche alle leggi vigenti, e la Corte Suprema potrebbe sempre dare ragione alle famiglie. Mentre una nuova forma di terrorismo si affaccia su Gerusalemme, le soluzioni da parte israeliana sono molto più lontane di quanto potrebbe sembrare.
L'Occidentale