In Olanda, durante un corteo — cui partecipavano anche due deputati del Partito socialista, poi denunciati — si è gridato «Hamas, Hamas, gli ebrei nelle camere a gas!». Tornano alla mente le parole di Maximilien Robespierre nel Discorso alla Convenzione nazionale del 3 dicembre 1792 sul processo a Luigi XVI: «Luigi può essere assolto. Cosa dico? E’ supposto innocente fino a che non sia giudicato. Ma se Luigi viene assolto, se Luigi può essere supposto innocente, che ne è della Rivoluzione? ».
Una mozione di condanna di Israele, che parla di «azione sproporzionata », è in corso di approvazione dal Parlamento dell’Aja ma ne è stata approvata un’altra che chiede un’indagine internazionale perché, come ha detto il viceministro degli Esteri Timmermans, «non abbiamo elementi a sufficienza per giudicare l’azione di Israele ». Le antiche parole del rivoluzionario Robespierre — che assimilava la morte di Luigi XVI alla vittoria e la sua «innocenza» alla sconfitta della Rivoluzione dell’89—suonano, qui, come una sorta di metafora del contemporaneo «cortocircuito » che ha ispirato i manifestanti olandesi e sembra, ormai, ispirare molte manifestazioni di protesta contro Israele nel resto d’Europa e purtroppo, anche da noi: «Se gli ebrei meritano di finire nelle camere a gas, perché Israele dovrebbe continuare ad esistere? Che ne sarebbe, allora, di Hamas?».
Il «cortocircuito » è la saldatura di anti-israelismo e antisemitismo. Una inequivocabile manifestazione di razzismo che avvicina le posizioni di certi oppositori di Israele a quelle del nazismo. A questo punto, però, il «cortocircuito» ha un corollario che riguarda da vicino anche noi. Se Israele ha diritto di esistere, se l’Occidente liberale e democratico è nel giusto a difendere questo suo diritto, che cosa ne è, allora, del terrorismo islamico? Esso diventa, nell’immaginario di chi oggi salda anti-israelismo e antisemitismo, brucia, con la bandiera di Israele, anche quella americana, ciò che alcuni già sostengono apertamente: una forma di resistenza dell’Islam contro l’Occidente. Un pericolo, questo, che noi del Corriere denunciamo da tempo, non solo come un oltraggio all’Olocausto — oltraggio che si condanna da solo — ma anche come una tragica e devastante deriva illiberale e anti-democratica nei nostri stessi Paesi. In Spagna, a Barcellona, la commemorazione pubblica delle vittime dell’Olocausto, prevista per la giornata del 27 gennaio, è stata annullata dal Dipartimento degli Interni del governo catalano a seguito dell’intervento israeliano a Gaza.
Qui, siamo a uno di quei paradossi della storia cui la viltà degli uomini ci ha, purtroppo, abituati: il rovesciamento delle ragioni per le quali George Orwell aveva scritto il suo «Omaggio alla Catalogna» che, a metà degli anni Trenta, si batteva contro Francisco Franco e lui stesso contro tutti i totalitarismi. Il cedimento— addirittura delle istituzioni di un Paese democratico quale è la Spagna—al nuovo totalitarismo. Davvero due brutte pagine, quella olandese e quella catalana, nella storia dell’Europa contemporanea.
Una mozione di condanna di Israele, che parla di «azione sproporzionata », è in corso di approvazione dal Parlamento dell’Aja ma ne è stata approvata un’altra che chiede un’indagine internazionale perché, come ha detto il viceministro degli Esteri Timmermans, «non abbiamo elementi a sufficienza per giudicare l’azione di Israele ». Le antiche parole del rivoluzionario Robespierre — che assimilava la morte di Luigi XVI alla vittoria e la sua «innocenza» alla sconfitta della Rivoluzione dell’89—suonano, qui, come una sorta di metafora del contemporaneo «cortocircuito » che ha ispirato i manifestanti olandesi e sembra, ormai, ispirare molte manifestazioni di protesta contro Israele nel resto d’Europa e purtroppo, anche da noi: «Se gli ebrei meritano di finire nelle camere a gas, perché Israele dovrebbe continuare ad esistere? Che ne sarebbe, allora, di Hamas?».
Il «cortocircuito » è la saldatura di anti-israelismo e antisemitismo. Una inequivocabile manifestazione di razzismo che avvicina le posizioni di certi oppositori di Israele a quelle del nazismo. A questo punto, però, il «cortocircuito» ha un corollario che riguarda da vicino anche noi. Se Israele ha diritto di esistere, se l’Occidente liberale e democratico è nel giusto a difendere questo suo diritto, che cosa ne è, allora, del terrorismo islamico? Esso diventa, nell’immaginario di chi oggi salda anti-israelismo e antisemitismo, brucia, con la bandiera di Israele, anche quella americana, ciò che alcuni già sostengono apertamente: una forma di resistenza dell’Islam contro l’Occidente. Un pericolo, questo, che noi del Corriere denunciamo da tempo, non solo come un oltraggio all’Olocausto — oltraggio che si condanna da solo — ma anche come una tragica e devastante deriva illiberale e anti-democratica nei nostri stessi Paesi. In Spagna, a Barcellona, la commemorazione pubblica delle vittime dell’Olocausto, prevista per la giornata del 27 gennaio, è stata annullata dal Dipartimento degli Interni del governo catalano a seguito dell’intervento israeliano a Gaza.
Qui, siamo a uno di quei paradossi della storia cui la viltà degli uomini ci ha, purtroppo, abituati: il rovesciamento delle ragioni per le quali George Orwell aveva scritto il suo «Omaggio alla Catalogna» che, a metà degli anni Trenta, si batteva contro Francisco Franco e lui stesso contro tutti i totalitarismi. Il cedimento— addirittura delle istituzioni di un Paese democratico quale è la Spagna—al nuovo totalitarismo. Davvero due brutte pagine, quella olandese e quella catalana, nella storia dell’Europa contemporanea.
Piero Ostellino
(C) Corriere della Sera
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