Nel leggere il gran libro di Rick Atkinson sulla campagna degli Alleati in Italia nel 1943-1944 (“Il giorno della battaglia”, Mondadori 2008) mi sono imbattuto in una citazione di Dwight Eisenhower. Il generale americano, poi diventato presidente degli Stati Uniti, comandava l’Operazione Husky, l’invasione del territorio italiano. Pochi giorni prima che le navi partissero per sbarcare in Sicilia, ad Algeri Eisenhower parlò ai soldati americani e britannici. Disse: «Voi combattete per il diritto a vivere come uno vuole, purchè non pesti i piedi agli altri. Ricordatevi che combattiamo per la libertà e la dignità dell’animo umano». Era il 19 giugno 1943. Quei soldati vennero a liberarci dal fascismo e dal nazismo. E molti di loro morirono nella campagna d’Italia. Morirono anche per me bambino. Ma adesso mi domando: è valsa la pena di cadere in battaglia per un paese del cazzo come il nostro? Qualche volta sono tentato di pensare che non ne valesse la pena. Che cosa ne sappiamo del “diritto a vivere come uno vuole”, della libertà e della dignità dell’animo umano? E soprattutto che cosa ne sanno i nostri partiti?
Giampaolo Pansa,
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