Caro direttore,
per motivi di studio sto passando in rassegna le prime annate del Corriere della Sera. Caso vuole che proprio in questi giorni mi sia imbattuto in una serie di articoli datati 1878: a scrivere un grande collaboratore della testata milanese, Luigi Capuana. Tema: una scia di terremoti che per mesi tiene con il fiato sospeso la provincia di Catania. Con la mente ancora impregnata delle devastanti immagini che giungono dall’Abruzzo, così come delle polemiche su predizione e prevenzione, mi immergo nella lettura di fatti che appaiono (erroneamente) lontani anni luce. Nello spazio riservato alle “Lettere telegrafiche”, il Corriere della Sera del 5-6 ottobre 1878 riporta questo dispaccio da Mineo (Catania): « Dal tocco e 35 dopo mezzanotte fino alle 5 di stamattina, si fecero sentire quattro scosse di terremoto. Due di esse furono fortissime, sicchè molti edifizi ne vennero danneggiati. Per fortuna, non si ha da lamentare alcun danno di persone. La popolazione è profondamente costernata». L’episodio sembra circoscritto, eppure è qui che comincia il terrore.
Qualche giorno dopo (25-26 ottobre 1878), il giornale pubblica una corrispondenza da Mineo (l’articolo non è firmato, ma l’attribuzione a Capuana è ormai certa). «Dal giorno 4 fin oggi si può dire che le scosse di terremoto non sian cessate un momento. Sono leggiere, inoffensive; però il timore che possano aumentare d’intensità e raddoppiare i danni della prima scossa del 3, tiene gli animi in uno stato più facile ad essere immaginato che descritto». I danni agli edifici, scrive Capuana, sono sensibilissimi: pare anzi un vero miracolo che la maggior parte delle nostre case sia rimasta in piedi.
Anche 130 anni fa qualcuno cerca di prevedere le scosse. Racconta Capuana, in passo d’incredibile attualità: «Un almanacco segnava terremoti all’entrar della luna piena. In altre occasioni tale previsione sarebbe passata inosservata; ma ora l’almanacco assumeva un’importanza di attualità, che il caso ha confermato. Alle 11 e mezzo di quel giorno scosse ripresero col solito rombo». E come oggi, anche 130 anni fa la scienza si mostra impotente di fronte al sisma: «Il prefetto della provincia mandò allora il prof. Bolthsauser, presidente del Liceo di Catania, per studiare il fenomeno; ma il dotto professore potè dir poco o nulla sulla origine e sulla natura di questi maledetti rombi che fan tanto temere».
Per qualche settimana, la situazione sembra essersi calmata. Poi si avvicina il Natale e la natura si risveglia, improvvisamente. 14-15 dicembre 1878, Capuana annuncia nuove scosse che sorprendono i paesani riuniti in Chiesa: «Le prime due scosse non erano state intese da tutti. Alla terza, la folla si riversò urlando per uscire, con la cieca furia del terrore che dissenta gli animi in tali circostanze. Gli scranni che furono rovesciati servirono d’inciampo agli altri: bentosto un monte di caduti rese impossibile ogni uscita. Le grida, la confusione divennero immense». I morti sono due: «Furono estratte, cadaveri orrendamente deformati, due donne del popolo, Marianna Bellino di anni 22, e Maria Raia di anni 60. La Bellino era quasi ignuda, irriconoscibile!. Ancora una volta, fa capolino l’incubo del futuro. Un triste presentimento indica l’11 del gennaio, anniversario di un terribile terremoto del 1693, ripetutosi lo stesso giorno del 1848, come il giorno probabile di luttuosissime scene. Un caso, certo, ma entro questa atmosfera di terrore si diviene facilmente superstiziosi».
Da questi eventi, incredibilmente attuali, sono passati molti decenni. Oggi come allora, i terremoti non si possono prevedere. Dal 1878, l’edilizia ha fatto passi da gigante. E se come lei scrive è proprio degli italiani un certo scetticismo nei confronti della tecnica, un fatalismo di fondo, è bene che questo fatalismo venga lasciato alle spalle. Perché se non possiamo mettere fine alle scosse di terremoto, con la più moderna ingegneria antisismica possiamo dare un taglio alla paura. La stessa paura di 130 anni fa.
per motivi di studio sto passando in rassegna le prime annate del Corriere della Sera. Caso vuole che proprio in questi giorni mi sia imbattuto in una serie di articoli datati 1878: a scrivere un grande collaboratore della testata milanese, Luigi Capuana. Tema: una scia di terremoti che per mesi tiene con il fiato sospeso la provincia di Catania. Con la mente ancora impregnata delle devastanti immagini che giungono dall’Abruzzo, così come delle polemiche su predizione e prevenzione, mi immergo nella lettura di fatti che appaiono (erroneamente) lontani anni luce. Nello spazio riservato alle “Lettere telegrafiche”, il Corriere della Sera del 5-6 ottobre 1878 riporta questo dispaccio da Mineo (Catania): « Dal tocco e 35 dopo mezzanotte fino alle 5 di stamattina, si fecero sentire quattro scosse di terremoto. Due di esse furono fortissime, sicchè molti edifizi ne vennero danneggiati. Per fortuna, non si ha da lamentare alcun danno di persone. La popolazione è profondamente costernata». L’episodio sembra circoscritto, eppure è qui che comincia il terrore.
Il Riformista