Gaetano Cappelli è fuori dalla cinquina dello Strega: qui un esilarante racconto dello spoglio. Il nostro, in compenso, ha vinto il premio Hemingway con la seguente motivazione:
La vedova, il santo e il segreto del pacchero estremo (Marsilio) è una commedia perfida, umorale, irriverente sui miti, le mode e i vezzi del nostro tempo. Seguendo i casi del protagonista Dario Villalta, che alla passione per le donne mature – e tra di esse per le vedove – abbina quella per l’arte antica ma che si trova costretto, per vivere, a vendere arte contemporanea in televisione, si ha infatti modo di osservare dal di dentro i paradossi della produzione artistica odierna e quelli del mondo parallelo della cucina dei cuochi stellati, dove la comune ricerca del nuovo a tutti i costi produce spesso altrettanti “mostri”. Una storia che nel suo ilare sviluppo può lasciare tuttavia posto alla tragedia della shoah, alla teodicea e al suo interrogarsi sul male nel mondo, questo in un flusso ininterrotto di improvvise fioriture dell’immaginazione che partono da disgressioni a prima vista estranee alla radice del racconto per poi, sorprendentemente, ricongiungervisi grazie a una scrittura che nella sua scioltezza e spavalderia offre una straordinaria esemplificazione della ricchezza e duttilità della nostro lingua.