11 giugno 2009

Dove sono i magnifici 60?

Copio, incollo e sottoscrivo parola per parola l'editoriale comparso oggi sul quotidiano on-line "L'Occidentale".

Domani il presidente della Libia, Muhammar Gheddafi, parlerà alla Sapienza di fronte ad una classe di studenti e docenti. Il tema trattato ancora non è dato di saperlo, anche se qualche idea in proposito potrebbe darcela la foto con cui il leader libico si è presentato stamane di fronte a Berlusconi e a Napolitano. Argomento a parte, come era prevedibile, la visita sta già scatenando una serie di polemiche e di contestazioni. Tutte da copione. Ammettiamo pure che in un paese democratico la libertà di parola, che – sia chiaro – non può significare libertà di insegnamento, debba essere concessa proprio a tutti, Gheddafi compreso. Il punto stavolta è un altro: che fine hanno fatto i 67 docenti universitari che nel gennaio del 2007 con una lettera pubblica inviata all’allora rettore della Sapienza protestarono per l’invito fatto a Benedetto XVI di tenere la Lectio Magistralis di inaugurazione dell’anno accademico?

Dove sono oggi i 60 cervelli che allora dicevano e scrivevano: “Ognuno ha diritto di parola, non è questo che mettiamo in discussione, ma quando si riveste una carica politica o religiosa le cose cambiano. Il potere di una persona esiste perché legittimato. In uno Stato laico e democratico in cui il potere è delegato dai cittadini, una così pesante ingerenza del massimo esponente di una religione la cui legittimazione è del tutto estranea al diritto italiano, è sicuramente da contestare. Per questo siamo stati contrari alla presenza del Papa in veste istituzionale durante l'inaugurazione dell'anno accademico in una Università statale, pubblica e laica”.

L’essere “il massimo esponente di una religione del tutto estranea al diritto italiano” è forse una “colpa” maggiore dell’essere un personaggio che viola i diritti umani; sui cui servizi segreti pesa il sospetto di avere imprigionato e torturato quattro ex islamici convertiti al cristianesimo; che sanziona la libertà delle donne nel campo del lavoro e della vita civile e che invita il mondo arabo a impugnare le armi contro Israele?

Per quale motivo di fronte alla lezione di un leader politico la cui storia è punteggiata di estremismo, violenza e di episodi di terrorismo i nostri professori che allora parlarono di un evento «incongruo», oggi non parlano di violazione dei diritti umani e non inviano lettere ai giornali per stigmatizzare con la stessa foga verbale l’incontro di domani?

Forse i nostri scienziati faticano ad accettare l’idea che ci sia qualcosa di più importante della libertà della scienza e cioè la libertà della persona umana. Se lo facessero, domani i sessanta cervelli che allora misero il bavaglio al Papa barricherebbero l’aula in cui Gheddafi terrà la sua lezione, più che sedere come spettatori sugli spalti. Ma qualcosa ci dice che non sarà così.

(C) L'Occidentale