12 luglio 2009

Francesco Biamonti ha fatto del Mar Ligure il suo paesaggio narrativo

Scomparso nel 2001, Francesco Biamonti ha raccontato la Liguria sospesa tra la vastità del mare e il suo antico entroterra. Questo scrittore schivo e riservato, arrivato tardi all'esordio letterario, era amato da Italo Calvino ed è stato pubblicato meritoriamente da Einaudi. La sua poetica ha affascinato anche il professore Giorgio Bertone, che insegna Letteratura Italiana all’Università di Genova e a Biamonti ha dedicato un volume intitolato "Il confine del paesaggio". Abbiamo intervistato Bertone per saperne di più su Biamonti e questo pezzo della geografia letteraria italiana.

Professore, Biamonti una volta disse “Mi piace non dire niente, io sono da cancellare”. Lei che idea si è fatto sulla sua personalità?

Non parlerei di personalità. Il concetto di “personalità” risale al Dopoguerra, quando si studiavano “l’opera e la personalità dell'Ariosto”. Oggi si dovrebbe parlare di biografia, analisi psicologica, scrittura, stile... E, s’intende, anche di temi, intrecci, ideologie, montaggi narratologici, stilemi.

Allora parliamo della biografia di Biamonti. Bordighera, la riviera ligure...

Per quanto riguarda la Liguria, Biamonti è stato sicuramente influenzato da alcuni amici pittori della Riviera come Ennio Morlotti. Più in generale, determinante è stato l’influsso di maestri come Cézanne (Biamonti visitò l’atelier di Cézanne in Provenza, ndr). Poi c’è stato l’esempio di grandi poeti, da Baudelaire a Montale. E infine, da un punto di vista filosofico, l’esistenzialismo di Camus. Insomma molteplici riferimenti tanto che è difficile ricordarli tutti.

Restiamo al Biamonti appassionato d'arte. Come ha trasposto la luce e i colori degli artisti preferiti nella sua narrativa?

Andando oltre la luce ed i colori di Morlotti e Cézanne. In altre parole, non riducendo la sua operazione a un semplice tentativo di trasposizione della pittura in letteratura. Biamonti ha preso spunto dai suoi modelli artistici per descrivere il mondo a suo modo. Se prendete i suoi romanzi, non troverete quasi mai un paesaggio dispiegato, ovvero descritto nella sua interezza – come avviene nei quadri di Cézanne. Biamonti punta piuttosto alla rappresentazione di un solo particolare taglio di luce, a un oggetto singolo.

Biamonti ha esordito tardi con “L’angelo di Avrigne”, nel 1983 (lui era del '22). Il libro fu presentato in modo entusiastico da Calvino e da allora i romanzi di Biamonti sono stati premiati e tradotti anche all'estero. Quali i sono temi portanti della sua poetica letteraria e perché Biamonti ha rischiato d'essere "dimenticato"?

Alla pari dei riferimenti culturali, anche i temi della sua poetica sono molteplici. Sicuramente c'è la Morte, il dolore (anche fisico), il conflitto tra il bene e il male colto nel contrasto di luce e ombra, di terra e mare. Ma potrei citare ancora la nostalgia della donna, la nostalgia di un contatto duraturo con la terra. Insomma, il senso dell'esilio. La risposta alle sue domande potrebbe essere questa.

C’è chi – guardando alle esperienze giovanili e alla carriera letteraria – ha paragonato Biamonti a Italo Svevo

Personalmente, non vedo alcun tratto in comune tra i due. Chi ha suggerito questo accostamento?

Il professor Francesco Improta, anch'egli di Bordighera, in un articolo della associazione “Amici di Biamonti”. Se non è così, lei a quali scrittori lo accosterebbe?

Piuttosto che Svevo suggerirei i lirici francesi, Montale, Boine… Attenzione, però: sto parlando di autori che hanno influenzato Biamonti indirettamente. Dopo averli letti, il Nostro li ha ben digeriti, per poi sottoporli a una profonda metamorfosi.

Ci dica perché ha scelto di approfondire l’opera di Biamonti e perché questo scrittore andrebbe riletto

Direi proprio per un fattore di cui abbiamo parlato in precedenza: il suo senso del paesaggio – mutuato dagli amici pittori e trasposto in letteratura. E, naturalmente, il significato che il paesaggio assume nella sua opera di narratore.

L'Occidentale