05 agosto 2009

Dura la vita ai tempi del jackpot

Gaetano Cappelli, uno dei più grandi scrittori italiani in attività (il più grande?), racconta la febbre del Superenalotto.

Mannò, ma non ci pensate più, lasciate perdere. Ma veramente sognavate di vincere 107 milioni di euro? Ma vi rendete conto a cosa sareste andati incontro a vincerla sul serio, una somma simile? Una somma ingombrante per chiunque, credetemi. Soprattutto per la parte di noi che ha la fortuna di possedere il necessario. Quelli che, intervistati alla radio o in tivvù in questa vigilia frenetica, alla domanda sulla destinazione della vincita eventuale hanno risposto compatti che come prima cosa ne avrebbero devoluto una quota in beneficenza. Tutti, anche quelli che la beneficenza possono già farla e invece... invece pare abbiano bisogno di vincere 107 milioni per metter mano alla tasca e quindi eccoli lì a giurare: aprirò una casa d’accoglienza per i bambini poveri del Guatemala, fonderò un ricovero per gli affamati del Burundi, per i lebbrosi dell’Africa intera.

Perché proprio nessuno tra gli intervistati pensasse ai poveri nostrani, che pure non mancano, dipende solo dal fatto che noi italiani siamo un popolo di navigatori, e spenderemmo parte della vincita, come sempre dalle suddette interviste risulta, tutti inevitabilmente in viaggi intorno al globo; così se proprio bisogna farla ‘sta benedetta beneficenza - e bisogna per non passare per i soliti cinici - tanto vale scegliere delle mete esotiche!

E ai parenti, agli amici, agli amici degli amici non ci pensavate? Non pensavate a che reazione avrebbero avuto vedendovi in viaggio per mesi, proprio voi che al massimo partivate per la vostra risicata crociera annuale? Pensate che se ne sarebbero rimasti con le mani in mano senza cominciare ad ossessionarvi pretendendo il dovuto? O immaginavate forse di comportarvi come quei meschini che una volta accaparratisi i milioni se ne stanno lì, sospettosi, a custodire il segreto, continuando a condurre la loro solita vita ordinaria per non dar nell’occhio e non beccarsi magari il malocchio come ha creduto fosse successo il vincitore settentrionale (!) che ha poi preso a martellate un numero considerevole dei parenti colpevoli, secondo lui, di averglielo attaccato, così rovinandosi definitivamente la vita?

Eggià perché questo, il rovinarsi la vita, è - statistiche alla mano - il destino che attende ben il 35% dei vincitori. La ricchezza è infatti una brutta bestia e non solo per chi non è abituato a possederla, tipo il giovane operaio scozzese che, in un paio di anni ha dilapidato la sua immensa vincita, e adesso è più povero e infelice di una volta, nonché intossicato di alcol e droga. Rovinarsi la salute: ecco un altro degli accidenti assai frequenti dei ricchi per caso. Darsi alla pazza gioia, bere, fumare, far grandi mangiate, indulgere negli stravizi - per non dire dei rischi che si corrono a guidare meravigliose scintillanti fuoriserie - tutto questo non può non incidere sul nostro stato fisico abituato a un ritmo più ordinario e se non ha resistito l’operaio scozzese con la nomea di taccagni che si porta dietro la sua stirpe figuriamoci noi bon vivant meridionali.

Ma poi a esaminarla meglio questa cifra, sarebbe valsa veramente la pena di accollarsi tutto l’inevitabile carico di diffidenza verso il prossimo, i derivanti sensi di colpa, la conseguente solitudine in cui ci saremmo ridotti ad averla? In fin dei conti cosa poi si riesce a fare realmente con 107 milioni di euro? A mala pena, per dire, ci si potrebbe comprare qualche opera d’arte contemporanea, chessò il teschio tempestato di diamanti di Damien Hirst valutato 95 milioni di euro, il cui titolo “For the Love of God!” tradotto suona bene al caso nostro: “Ma per l’amor di Dio!”. Contentatevi dunque di quello che avete... be’, però adesso s’è fatto tardi. Tocca correre a giocare. Queste consolazioni le lascio a voi che state leggendo il giornale. Io spero proprio d’esser l’unico che non ne avrà bisogno questa mattina!

Gaetano Cappelli
(C) Il Mattino