27 novembre 2009

Mumbai rialza la testa un anno dopo il suo "11 Settembre"

Il sangue, le esplosioni, la facciata del Taj Mahal in fiamme. Un anno dopo, Mumbai ricorda il suo 11 settembre: era la sera del 26 novembre 2008 quando alcune esplosioni diedero il via a una serie di attacchi mirati agli alberghi e ai locali della città indiana. Un’operazione terroristica durata tre giorni, con gli attentatori asserragliati nei saloni degli hotel insieme a cittadini inermi: il bilancio finale fu di 170 morti e oltre 300 feriti; dei terroristi, 9 furono uccisi e uno venne arrestato. Dodici mesi più tardi, l’India colpita al cuore esce dall’incubo senza dimenticare: perchè da una brutta caduta – questo è il messaggio delle autorità – ci si può rialzare ancora più forti.

Tra le molte iniziative organizzate per rievocare quei giorni spicca la parata della polizia di Mumbai, protagonista del blitz che portò all’uccisione dei terroristi e all’evacuazione degli alberghi. Il significato dell’esibizione – arricchita da dimostrazioni antiterroristiche del corpo speciale Force One – lo ha spiegato Rakesh Maria, responsabile delle investigazioni sugli attacchi di un anno fa: “Vogliamo dire alla gente che oggi Mumbai è più sicura. Se ripenso a quei giorni, l’unica cosa che mi brucia ancora è la perdita di tante vite umane: se solo avessimo potuto prevenirlo…”. Molti dei cittadini che hanno assistito alla parata si sono poi recati sui luoghi simbolo della tragedia – il Leopold Cafè, l’Oberoi Trident, il Taj Mahal – ed hanno preso parte a una preghiera collettiva a ricordo delle vittime.

Sul fronte istituzionale, gli attentati sono stati rievocati con l’inaugurazione di un memoriale e con l’annuncio della nascita di un museo, che ricorderà anche le vittime della stazione ferroviaria Chhatrapati Shivaji. Commozione anche alla Nariman House, il centro ebraico colpito dagli attentatori, dove il rabbino Yehuda Krinsky ha acceso candele per ricordare i sei ebrei uccisi: gli attentati “mi hanno ricordato immagini dell’Olocausto”, ha poi commentato il capo degli ebrei ortodossi. Tassisti e guide, intanto, organizzano tour sui luoghi del 26 novembre, proponendo ai turisti le testimonianze del poliziotto che affrontò un terrorista armato e della baby sitter che portò in salvo il figlio di un rabbino: storie commoventi di eroi per un giorno.

Al pari dell’11 settembre, anche gli attentati di Mumbai hanno scosso l’immaginazione indiana. Di fianco al Taj Mahal, Jasmine Shah Varma ha allestito una mostra collettiva intitolata “Niente sarà più come prima” perché, spiega, “si è perso qualcosa in quei tre giorni e noi vogliamo ricostruirlo”: in questi dodici mesi, ad esempio, “il romanticismo del lungomare di Mumbai è cambiato, adesso ci ricorda del terrore che arrivò dal mare”. Non solo arte, comunque: se la Picture Producers ha già registrato 30 progetti cinematografici incentrati sugli eventi di quei giorni, la Raj Comics ha messo in vendita una serie di fumetti in cui intrepidi supereroi catturano i terroristi. Il primo numero, uscito in primavera, ha venduto più di 100.000 copie.

Il ricordo, però, dovrebbe essere sempre legato alla giustizia. Dove hanno portato le indagini condotte nel corso del 2009? L’unico terrorista sopravvissuto ai blitz della polizia, il pachistano Muhammed Ajmal Qasab, è attualmente sotto processo. Più complesso è il discorso riguardante i mandanti: a conferma del fatto che i responsabili vanno ricercati nel gruppo terroristico Lashkar-e-Taiba, nei giorni scorsi un tribunale pachistano ha condannato sette presunti corresponsabili della strage indiana. I finanziatori del progetto, però, sarebbero sparsi in tutto il mondo: dall’insospettabile David Headley, arrestato dall’Fbi a Chicago il 3 ottobre, ad alcuni pachistani residenti a Brescia, accusati di aver finanziato la strage di Mumbai trasferendo soldi per via telematica ad ambienti vicini agli attentatori.

Ma in attesa di avere un quadro chiaro sulle responsabilità pachistane ed internazionali, Mumbai si è rialzata in fretta. E il simbolo della rinascita è proprio lo splendido Taj Mahal, che solo un anno fa le televisioni ci mostravano ferito e in fiamme. Il direttore generale dell’hotel Karambir Kang, che negli attacchi di fine novembre ha perso moglie e due figli, non si è arreso: “Questa cosa terribile non può né deve essere cancellata – spiega a Laura Fiengo di “Vanity Fair” – ma il 26 novembre fa parte della storia del Taj, come eventi più lieti, e bisogna portarselo dietro così com’è, senza rimanere fermi a quel momento”. L’hotel è stato restaurato in tempo per l’anniversario: “Tornate a trovarci”, invita Kang, “questo diventerà il miglior albergo del mondo”. Un bello schiaffo al terrorismo.

L'Occidentale