24 dicembre 2009

Sempre più americani sono pronti a sostenere Obama contro l'Iran

Mentre gli Stati Uniti lanciano l’ennesimo ultimatum ad Ahmadinejad – interrompere l’arricchimento dell’uranio entro fine mese per evitare nuove sanzioni – secondo un sondaggio commissionato da The Israel Project il 51% degli americani sarebbe favorevole a bombardamenti mirati sui siti nucleari iraniani, nel caso in cui Teheran non rispettasse le indicazioni delle Nazioni Unite. Il 61% degli americani sosterrebbe inoltre un intervento militare di Washington a sostegno di Israele, nel caso in cui lo Stato ebraico – in seguito ad un bombardamento dei siti nucleari iraniani – venisse attaccato a sua volta da Teheran, magari attraverso Hezbollah e Hamas. Il 78% degli intervistati crede infine che “a dispetto di tutti i problemi interni, l’America deve continuare a lavorare duro per frenare il programma nucleare iraniano”. Il sondaggio è stato condotto tra il 14 e il 16 dicembre da Public Opinion Strategies e Greenberg Quinlan Rosner Research, su un campione di 800 cittadini americani iscritti nelle liste elettorali.

Se teniamo conto che gli Stati Uniti si trovano implicati in due guerre e stanno per inviare altre truppe in Afghanistan, i numeri emersi dal sondaggio sono senza dubbio notevoli, anche se va considerato che la fonte del sondaggio, The Israel Project – una organizzazione non governativa fondata nel 2002 da Jennifer Laszlo Mizrahi, il cui scopo è promuovere l’immagine di Israele all’estero – viene considerato un network vicino alle posizioni dei repubblicani. Le indicazioni emerse dal rilevamento, allora, andrebbero interpretate più che altro come un’indicazione generale e la stessa Mizrahi ha espresso un giudizio positivo sul voto della Camera Usa, che ha fatto passare “una legge sulle sanzioni all’Iran con 412 voti a favore e 12 contrari”. La speranza è che “il Senato e il presidente si muovano in fretta per fare altrettanto”. “È questo il momento per fermare Teheran pacificamente”, ha concluso.

Sul fronte politico, il repubblicano Neil Newhouse ha notato che “mentre la prima scelta degli americani è la diplomazia seguita dalle sanzioni, i cittadini prendono molto seriamente la minaccia iraniana e sono pronti a fronteggiarla anche con scelte difficili ed azioni reali, se necessario”. Tra le fila dei democratici, il sondaggista Stanley Greenberg crede invece che gli americani vogliano “sanzioni più efficaci e supporto agli oppositori interni del regime”, anche se “la risposta dell’Iran alle ultime elezioni e alla comunità internazionale lascia molto scettici i democratici riguardo alla possibilità di fermare la rincorsa nucleare di Teheran”. Secondo Morton A. Klein, presidente della Zionist Organization of America, i numeri del sondaggio mostrano “una crescente consapevolezza da parte degli americani sul pericolo rappresentato dall’Iran per Stati Uniti, Israele e il mondo democratico in generale”.

Un’altra recente rilevazione condotta dalla britannica YouGov su un campione di 1.000 soggetti residenti in 18 paesi arabi evidenzia che l’Iran rappresenta una minaccia alla sicurezza più grande di Israele. Commissionato dall’organizzazione The Doha Debates, importante “forum” di discussione per il Medio Oriente, il sondaggio mostra come per 1/3 degli intervistati Teheran potrebbe colpire Stati arabi tanto quanto Tel Aviv, e l’80% non crede alle rassicurazioni di Ahmadinejad sul "nucleare pacifico". In Israele, a riscaldare il dibattito sulla questione iraniana, si è inserito infine un articolo del quotidiano progressista “Haaretz” secondo cui, se qualche anno fa fosse stato bombardato il sito nucleare di Isfahan, il problema sarebbe stato risolto una volta per tutte: l’Iran, infatti, “avrebbe perso grosse quantità di materiale, e il suo programma nucleare sarebbe stato riportato indietro di anni”. Troppo tardi.

L'Occidentale