11 febbraio 2010

Ahmadinejad festeggia la Rivoluzione invocando "Morte all'America!"

Dalle poche notizie che giungono in Occidente attraverso le maglie della censura, sembra che in Iran le promesse siano state mantenute. L’11 febbraio, trentunesimo anniversario della Rivoluzione islamica, è stato un giorno di scontri: da un lato i sostenitori del regime degli Ayatollah (tra i quali figurano i temibili basiji, considerati i responsabili del recente attacco all’ambasciata italiana), dall’altro l’Onda Verde di Mousavi, che dalla scorsa estate non hai mai perso occasione di levare denuncie contro la sanguinosa dittatura di Khamenei e di Ahmadinejad. I media statali, però, non hanno parlato di scontri, limitandosi a segnalare come “decine di milioni di persone in tutto il paese” siano scese in piazza per celebrare la rivoluzione khomeinista.

Le immagini trasmesse dalle televisioni hanno mostrato Ahmadinejad di fronte a un gran numero di sostenitori in piazza Azadi, piena di bandiere iraniane ed effigi di Khomeini. “La nazione iraniana è così coraggiosa – ha arringato il presidente – che se un giorno volessimo costruire bombe nucleari lo annunceremmo pubblicamente”, senza alcun timore dei nemici occidentali. Il condizionale, ha concluso Ahmadinejad, è però d’obbligo, perché “quando diciamo che non costruiremo bombe, significa che non le costruiremo: non ci interessa averle”. Obiettivo dichiarato del regime, ha confermato il presidente, sarebbe infatti quello di triplicare presto la produzione di uranio arricchito al 3,5% per uso civile.

Tra gli slogan “morte all’America” e “morte a Israele”, il presidente ha parlato anche di Obama – il quale rischia di “soccombere alla pressione di una banda di sionisti” – e di Israele, certo che “il regime sionista si stia avvicinando alla sua distruzione”. Una posizione, quella a proposito dello Stato ebraico, ribadita mercoledì sera anche nel corso di una telefonata con l’omologo siriano Assad, al quale Ahmadinejad ha confermato che – “se attaccato dai sionisti” – l’Iran “distruggerà Israele una volta per tutte”. Queste, insieme alle immagini dei supporter giunti nella capitale da tutto il paese, le notizie ufficiali sulla giornata di celebrazioni a sostegno dell’attuale governo.

Molto diverso è stato l’11 febbraio dell’Onda Verde. Le notizie, come è accaduto nel corso dei mesi passati, giungono da canali non ufficiali: cellulari, blog, Twitter e YouTube. I racconti, però, non possono essere verificati in quanto – spiega la Reuters – “i giornalisti esteri sono stati scortati in piazza Azadi (dove si sono tenute le celebrazioni ufficiali, ndr) e non hanno avuto la possibilità di seguire i cortei dell’opposizione”. Alcune fonti, già dimostratesi attendibili, hanno comunque rilanciato notizie preoccupanti: si parla di gas lacrimogeni, di spari indiscriminati sulla folla dei manifestanti e di numerosi arresti (cento solo nella città di Mashhad).

Stando ai messaggi postati sul social network Twitter, si conterebbero inoltre almeno tre vittime. Una ha già un nome: Leyla Zarei, 27 anni, uccisa con un colpo d’arma da fuoco in piazza Vali Asr a Teheran; sui blog è comparso anche il nome del suo presunto carnefice: si tratterebbe del basiji Raheem Rezaei. Le altre due vittime sarebbero state rinvenute nel quartiere Shararak-e Gharb, sempre a Teheran, e nella città di Shiraz, mentre i feriti si conterebbero a decine. I primi video postati su YouTube mostrano alcuni manifestanti mentre lanciano sassi di fronte al carcere di Evin, luogo in cui si trovano diversi compagni arrestati nei mesi scorsi, ed altri intenti a calpestare un manifesto raffigurante l’Ayatollah Khamenei.

Per trarre un bilancio definitivo degli scontri bisognerà aspettare alcuni giorni, quando la stretta del regime su internet si allenterà ed emergeranno racconti e documenti audiovisivi più circostanziati. Ciò che si può segnalare sin d’ora è che tanto l’ex presidente Rafsanjani quanto il leader dell’opposizione Mousavi hanno preso parte al corteo e che, secondo testimoni oculari, la moglie del leader riformista sarebbe stata aggredita e presa a calci da alcuni basiji. Il colore verde, infine, non ha riempito solo le piazze iraniane: presidi di solidarietà all’Onda riformista si sono tenuti in tutto l’Occidente, comprese piazza Montecitorio a Roma e piazza Duomo a Milano.

L'Occidentale