27 marzo 2010

Esce il Rapporto Malam, la risposta israeliana a Goldstone e all'ONU

Sono centinaia di pagine. Il frontespizio recita Hamas and the Terrorist Threat from the Gaza Strip, un titolo che introduce alla versione d’Israele sulla guerra di Gaza del dicembre 2008 - gennaio 2009. Si tratta di una risposta molto documentata all’ormai celebre rapporto stilato dal giudice Goldstone per conto delle Nazioni Unite, in cui lo Stato ebraico veniva accusato di gravi crimini compiuti nel quadro dell’operazione Cast Lead (Piombo Fuso). Che Israele non avesse gradito le conclusioni di Goldstone è cosa nota: alle autorità e ai vertici militari israeliani, il rapporto delle Nazioni Unite apparve decisamente sbilanciato a favore di Hamas, tanto da annunciare una contro inchiesta che oggi risponde punto su punto alle accuse lanciate dal giudice sudafricano. Significativa è la tempistica scelta per la pubblicazione del documento: il report israeliano – anticipato da un lungo servizio sul quotidiano conservatore “Jerusalem Post” – vede infatti la luce in settimane burrascose, segnate da uno scontro tra Washington e Tel Aviv e da nuovi razzi provenienti dalla Striscia di Gaza.

La “versione d’Israele” sui fatti di Gaza viene comunemente denominata “rapporto Malam”, dove Malam sta per Terrorism Information Center: si tratta di un piccolo centro di ricerca attivo dal 2001 e diretto da Reuven Erlich, il quale – in collaborazione con l’esercito e i servizi segreti nazionali, che hanno desecretato centinaia di documenti – ha coordinato le ricerche e la stesura del documento. Nato in Polonia nel 1946, Erlich è un uomo che sa il fatto suo: per l’IDF (Israel Defense Forces) si è occupato delle relazioni con Libano, Siria e Palestina; dopo trent’anni di servizio, nel 1994 ha lasciato l’incarico e si è dedicato allo studio del Medio Oriente per conto di numerose università prima e del Terrorism Information Center poi. Chiamato a rispondere al giudice Goldstone, Erlich ha studiato migliaia di fotografie, riprese e testimonianze, per poi comporre un rapporto multimediale fatto di parole, immagini e video, sparse in centinaia di pagine. Il risultato finale è una cronaca puntigliosa degli eventi occorsi a Gaza, ma anche un impressionante affresco di Hamas e delle tecniche di propaganda e addestramento utilizzate dai miliziani palestinesi nella Striscia nel corso degli ultimi anni.

Ciò che più colpisce nel rapporto Malam è la vastità e la trasversalità delle fonti. Scorrendo le pagine, ci si imbatte in manifesti, libri, vignette e video fatti circolare da Hamas per invitare alla guerra santa contro i sionisti; in trasmissioni televisive agghiaccianti, volte ad istruire al martirio i bambini palestinesi; in video che documentano l’addestramento dei miliziani palestinesi alla guerriglia e alla preparazione della rampe di lancio per i razzi Qassam; nelle foto dei tunnel scavati per il contrabbando di armi fuori e dentro la Striscia di Gaza e in reportage tratti da testate di tutto il mondo, compreso un articolo di Lorenzo Cremonesi (Corriere della Sera, 22/1/2009) al quale un palestinese racconta di un ospedale utilizzato come rifugio dai terroristi. Il rapporto Malam resta facilmente attaccabile come documento di parte: il suo obiettivo, del resto, è quello di difendere l’esercito israeliano dalle accuse contenute delle conclusioni di Goldstone. Resta il fatto, però, che alcune prove sono difficilmente contestabili: rivelatori, in questo senso, sono i video ripresi dai droni israeliani, che mostrano come Hamas abbia utilizzato la popolazione civile (bambini compresi) come scudo umano.

Ma cosa emerge, in sintesi, da un rapporto che si presenta anche come un’indagine sociale, politica e mediatica della vita nella Striscia di Gaza? Dopo aver indagato la minaccia terroristica rappresentata da Hamas negli precedenti a Piombo Fuso, il report mette in luce “vari aspetti della strategia e delle tattiche di combattimento utilizzate da Hamas nel corso della guerra, con particolare attenzione al massiccio uso dei civili di Gaza come scudi umani”. Il responso è impietoso: moschee e ospedali utilizzati come arsenali e basi per il lancio di razzi, terroristi in abiti civili e travestiti da donne con bambini in braccio, utilizzo di ambulanze per nascondere i miliziani, senza contare l’utilizzo di un ospedale infantile da parte della leadership di Hamas. Secondo Erlich, insomma, “piazzando i suoi armamenti vicino alle case, lanciando razzi dalle case, dalle moschee e dagli ospedali e usando scudi umani, Hamas è il solo responsabile dei civili morti nel corso dell’operazione”.

Un discorso a sé merita infine la critica al rapporto Goldstone: secondo Erlich e il suo gruppo di lavoro, “la conclusione principale di questo studio è che c’è un’enorme discrepanza tra le conclusioni del rapporto Goldstone e la realtà fattuale, e un estrema parzialità a favore di Hamas”. Il giudice sudafricano avrebbe selezionato fonti ed informazioni “in un modo chiaramente inteso a rinforzare la tesi che Israele ha deliberatamente colpito i civili”, e ignorando o minimizzando la gravità della minaccia terroristica rappresentata da Hamas. Nello specifico, quattro sarebbero i difetti più macroscopici del rapporto Goldstone: non si confronta con la natura di Hamas, e in particolare con la sua ideologia terroristica; minimizza “l’estensione e la gravità della minaccia portata avanti contro Israele dalla Striscia di Gaza”, e non riconosce alcuna responsabilità ad Hamas in questo senso; non considera l’attività militare di Hamas (addestramento, reclutamento) nella Striscia di Gaza tra il 2007 e il 2008; ignora completamente “la massiccia quantità di rifornimenti che Iran, Hezbollah e Siria hanno fornito ad Hamas per costruire la sua infrastruttura terroristica e militare”. Queste quattro falle, conclude il rapporto Malam, impediscono al lettore di “comprendere appieno le ragioni d’Israele nel quadro dell’operazione Cast Lead”.

L'Occidentale