
Sulla rivista “Creem”, nel 1972 il (leggendario) critico musicale Lester Bangs recensisce il nuovo disco dei Rolling Stones: “This is at once the worst studio album the Stones have ever made, and the most maddeningly inconsistent and strangely depressing release of their career”. Lester Bangs parla malamente del doppio vinile “Exile On Main Street”, registrato da Jagger e soci in Francia nel 1971 e divenuto in breve tempo un simbolo del rock ‘n’ roll. Oggi, 38 anni dopo, i negozi di dischi ripropongono quell’“Exile” in due cd, con tanto di dieci inediti ripescati negli archivi da Don Was. Ma non è tutto: le celebrazioni proseguono con una guida all’ascolto di Bill Janovitz (pubblicata da Il Saggiatore) e un documentario, “Stones in Exile”, diretto da Stephen Kijak e presentato in questi giorni al Festival di Cannes. E come sempre accade quando si parla di Stones, la pubblicità dilaga: giornali e televisioni, certo, ma anche molteplici tributi da parte di musicisti contemporanei, a partire dai Green Day.
A questo punto, la domanda è d’obbligo: tanto clamore è giustificato? O si tratta dell’ennesima operazione commerciale, volta a fare quattrini su un classico del passato? La risposta, probabilmente, sta nel mezzo. Se Lester Bangs fosse ancora vivo, certo inveirebbe contro la riedizione di un “bruttissimo” disco; per milioni di fans degli Stones, la deluxe edition sarà invece uno splendido - e necessario - regalo. Oggi, comunque, sulla qualità del prodotto il consenso è pressoché unanime se anche la rivista “Mojo” - autorità in materia - lo considera uno dei migliori album di tutti i tempi: “L’affiatamento del gruppo - scrivono i critici del magazine - non sarebbe mai più stato così forte”. A rendere “Exile On Main Street” una pietra miliare, scrive Paolo Vites, “furono le musiche e il modo in cui furono registrate. Nella cantina di Nellcote infatti non c’erano le attrezzature tecnologiche degli studi inglesi o americani. Il sound del disco originale era avvolto nella nebbia, nel fango, nelle ombre”.
Ma perché un disco entri nella leggenda, serve anche una storia leggendaria. Quando gli Stones iniziano a progettare “Exile On Main Street”, negli appassionati è ancora vivo il ricordo del 6 dicembre 1969. Quel giorno maledetto, nel nord della California, gli Stones si esibiscono all’Altamont Free Concert di fronte a 300.000 persone, tenute a bada da un servizio di sicurezza affidato (sciaguratamente) al gruppo motociclistico degli Hell’s Angels, in cambio di qualche cassa di birra. A ripensarci oggi, è stato come affidare la sicurezza di una banca a una banda di rapinatori. Il caos esplode, e il bilancio finale conta 4 morti: tra loro anche Meredith Hunter, un giovane di colore assassinato dalla security sotto il palco dopo aver estratto una pistola. Dopo Altamont, il rock non sarà più lo stesso: lo spirito di Woodstock, e gli Stones delle origini, bruciano insieme alla vita del ragazzo.
Oppressi dagli eventi di Altamont e dai debiti, gli Stones pensano bene di lasciare l’Inghilterra per evitare il fisco di Sua Maestà. Jagger e compagni vanno in esilio - ecco spiegato il titolo dell’album - a Villefranche, in una grande villa di Richards già quartier generale dei nazisti. Quelli che seguono sono giorni intensi, tra droghe, musica e sballo: le leggende abbondano, e secondo alcuni proprio a questo periodo risalgono i più grandiosi party organizzati dal chitarrista del gruppo. Fatto sta che tra uno spinello e un matrimonio - quello di Jagger con Bianca Perez, a Saint Tropez - prende forma un album lungo e complesso, che guarda al rock tanto quanto al blues americano. Agli strumenti degli Stones si aggiungono una tromba (Jim Price), un sassofono (Bobby Keys), un pianoforte (Ian Stewart); grandi artisti - Eric Clapton su tutti - fanno visita agli anti-Beatles nel corso di infinite sessions di registrazione notturne. Gli Stones sono in esilio, un esilio dorato.
I frutti del baccanale vengono colti l’anno seguente, quando “Exile On Main Street” - ripulito e mixato negli Stati Uniti - esce in tutto il mondo. È un album doppio, pieno di musica e passione, molto diverso dai precedenti lavori della band. Alcuni storcono il naso, altri vedono l’alba di una nuova era per gli Stones. È uno dei più grandi album di tutti i tempi? Ai posteri l’ardua sentenza. Da domani, comunque, anche i più giovani potranno entrare in un negozio di dischi (fisico o virtuale che sia) e chiedere il “nuovo” album degli Stones, i cui pezzi inediti verranno trasmessi in esclusiva da Virgin Radio. Per i più grandi, invece, c’è il libro di Janovitz: chissà che non aiuti a scoprire qualcosa di nuovo in quella miniera chiamata “Exile On Main Street”...
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