24 giugno 2010

Il Colosseo stanotte si spegne per riaccendere le speranze su Shalit

Questa sera, passando da piazza del Colosseo a Roma o da piazza Castello a Milano, potreste notare qualcosa di strano. Alle undici in punto, infatti, il buio calerà sull’Anfiteatro Flavio e sul Castello Sforzesco: un gesto simbolico, per chiedere ad Hamas di liberare il soldato israeliano Gilad Shalit. Rapito quattro anni fa a Kerem Shalom, Gilad si trova da qualche parte nella Striscia di Gaza: ad oggi, però, nessuna trattativa, nessun appello, nessuna iniziativa estera (il militare è cittadino onorario di Parigi e Roma) ha portato alla fine della prigionia. E negli ultimi 48 mesi, con buona pace della Convenzione di Ginevra, neppure la Croce Rossa Internazionale ha potuto visitare un ragazzo di 23 anni, catturato sul suolo israeliano e trasportato con la forza nei territori controllati da Hamas.

Per denunciare questo atto criminale, l’associazione Benè Berith Giovani e l’Unione Giovani Ebrei Italiani hanno pensato di spegnere le luci del monumento simbolo della capitale, un’iniziativa subito supportata da Gianni Alemanno. “Abbiamo riconosciuto Gilad come cittadino onorario di Roma - ha ricordato il sindaco al quotidiano “Yediot Aharonot” - e l’insegnamento della storia è molto chiaro: ogni volta che si sviluppa un fenomeno che minaccia la democrazia e la libertà, il popolo ebraico è il primo a pagarne il prezzo”. All’evento, ha spiegato il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, “sono invitati tutti i cittadini: l’obiettivo è quello di unire le forze e sensibilizzare l’opinione pubblica, per riportare Gilad a casa e per rilanciare il processo di pace in Medio Oriente”.

Milano non sarà da meno, e alle undici il buio calerà sul Castello Sforzesco. “È un piccolo grande segno che Milano vuole lanciare, un ponte di speranza affinché il giovane venga liberato - spiega il vicesindaco Riccardo De Corato - in quell’ottica del dialogo, pur difficile, ma che deve essere la sola via maestra". L’appuntamento milanese sarà preceduto da una fiaccolata, mentre nella capitale - di fronte all’Arco di Costantino - verrà allestita una maratona oratoria, alla quale presenzieranno tra gli altri Gianni Alemanno, il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, Renata Polverini e il padre di Gilad, Noam Shalit, ricevuto questa mattina dal ministro degli Esteri Franco Frattini.

Nel frattempo, però, le notizie che arrivano dal Medio Oriente non sono buone. Secondo “Israel Radio”, Hamas avrebbe rifiutato anche gli ultimi appelli della Croce Rossa: i miliziani della Striscia non permetteranno alcuna visita al prigioniero, nel timore - ha spiegato il funzionario di Hamas Yehia Moussa - che l’intervento umanitario possa facilitare un blitz dell’esercito israeliano. Martedì, inoltre, il nonno di Gilad ha incontrato il premier Benjamin Netanyahu: all’uscita, racconta il quotidiano “Haaretz”, Zvi Shalit è apparso provato e deluso. Ai giornalisti che lo hanno avvicinato, il nonno ha detto che il premier non sembra intenzionato ad assecondare le richieste di Hamas, in quanto “si metterebbe a repentaglio la sicurezza dello Stato”.

Cosa aspettarsi, allora, dopo quattro anni di attesa? Zvi, 85 anni, ha le idee chiare: “Vorrei semplicemente rivedere mio nipote Gilad, finché sono in vita”. Finora, però, le cose sono andate diversamente, e anche le trattative condotte dall’Egitto non hanno portato a niente di buono. Difficile, insomma, sapere come stia veramente il ragazzo: Barak, a colloquio con il capo del Pentagono Robert Gates, ha spiegato che “un milione e mezzo di persone vivono a Gaza, ma solo una di loro (Gilad, ndr) ha bisogno di aiuti umanitari”. Le ultime indiscrezioni, riportate a inizio settimana da un sito filo-Hamas, parlano di un prigioniero impegnato a guardare i Mondiali di calcio, dispiaciuto per la sconfitta della Francia contro il Messico. Magari, tra una partita e l’altra, verrà a sapere che Roma e Milano non lo hanno certo dimenticato.

L'Occidentale