05 agosto 2010

Il mondo è loro. La sobria ma immane potenza del "Bilderberg Group"

Sitges è una cittadina deliziosa a 40 km dal centro di Barcellona. Gode di un clima mite dodici mesi all’anno, e d’estate le sue spiagge sono prese d’assalto dai giovani di tutta Europa. Dovendo scegliere un albergo qui, il “Dolce” è sicuramente il migliore: posto su una collina a pochi metri dal Terramar Golf Club, l’hotel domina tutta la baia e la vista dalle stanze è mozzafiato. Non è un caso, insomma, se lo scorso giugno 130 personalità della politica e dell’economia - membri dell’elitario Bilderberg Group - hanno deciso di alloggiare in questo resort esclusivo, per tre giorni e tre notti. Non ne sapevate nulla? Non preoccupatevi: cura degli interessati è proprio che se ne parli il meno possibile. Se però metti insieme uomini del calibro di Joaquín Almunia, Bill Gates, Henry Kissinger, Javier Solana, José Zapatero, le regine di Olanda e Spagna, il CEO del Washington Post, l’editore capo dell’Economist, alcuni italiani che contano (tra cui Franco Bernabè, Mario Monti, John Elkann e Paolo Scaroni) - il tutto sotto la vigilanza di centinaia di agenti della polizia catalana - è difficile che non trapeli qualcosa.

Lo scrittore inglese Charlie Skelton, ad esempio, si è recato appositamente a Sitges e ha raccontato l’esperienza ai lettori del “Guardian”, partendo dal presupposto che gli annuali incontri del Bilderberg Group sono una cosa molto seria: “Nessuno - osserva Skelton - spende 10 milioni per garantire la sicurezza di un torneo di ping pong”. La segretezza resta l’imperativo del Club, ma nel mondo delle comunicazioni di massa anche il Bilderberg ha dovuto adattarsi: niente accrediti stampa, niente comunicati finali ma - a differenza di quanto accadeva un tempo - oggi sappiamo almeno quali sono i temi all’ordine del giorno. Nel caso di Sitges, 58° meeting annuale del Gruppo, i potenti si sono confrontati sulla riforma finanziaria, sulla sicurezza globale, sull’energia, sul riscaldamento globale, sulle nuove tecnologie e sulla situazione politica di Afghanistan e Pakistan. “I partecipanti - si legge nella stringata scheda di presentazione del meeting - sono circa 130: due terzi provengono dall’Europa, i rimanenti dal Nord America; un terzo proviene dal mondo della politica, due terzi dalla finanza, dall’industria, dal lavoro, dall’educazione e dalle comunicazioni. Il meeting è privato, per incoraggiare e favorire una discussione aperta e franca”.

Correva l’anno 1954. Forse è il caso di fare un passo indietro. Cos’è il Bilderberg Group? Chi ne fa parte? Nel 2006, su “Il Foglio”, Fabio Dal Boni parla di un gruppo di “150 persone fra teste coronate e menti illuminate, capitani di industria e influenti cardinali di istituzioni che ogni anno, nel più assoluto riserbo, rinnovano un esercizio fondato nel 1954 da David Rockfeller e dal principe Bernardo d’Olanda”. Obiettivo? “Discutere (secondo alcuni, pianificare) degli orizzonti economici, politici e sociali dell’umanità”. Il primo meeting annuale si svolge tra il 29 e il 31 maggio 1954 ad Arnhem, in Olanda, all’Hotel De Bilderberg (da qui il nome del Club): tra i promotori, insieme a Rockfeller e al principe olandese, figurano il polacco Józef Retinger e il primo ministro belga Paul van Zeeland. L’idea è quella di mettere insieme svariate personalità del mondo libero, lontane dai riflettori, per discutere di politica internazionale e in particolare - siamo a metà degli anni cinquanta - dell’atteggiamento da tenere nei confronti dell’Unione Sovietica. L’incontro ha successo, e gli organizzatori lo rendono un appuntamento fisso costituendo un Comitato permanente, con l’incarico di organizzare i meeting e di invitare, ogni anno, esponenti di spicco della politica, dell’economia, dell’industria occidentale.

Nato per far fronte alle minacce della Guerra Fredda, il Bilderberg Group non si scioglie nemmeno in seguito alla caduta del Muro di Berlino. L’estinzione del comunismo, del resto, apre a molte altre questioni: dalla costituzione dell’Europa unita al terrorismo di matrice islamica, dalle sfide della globalizzazione alla corsa iraniana al nucleare. Ecco perché, ogni anno, i membri della Commissione permanente - insieme a diversi ospiti - si riuniscono per discutere dei temi contemporanei più delicati. Nel corso degli anni l’Italia ha sempre avuto un ruolo importante, ospitando diversi meeting del Bilderberg (Fiuggi, 1957; Cernobbio, 1965 e 1987; Stresa, 2004) e fornendo alla Commissione numerosi membri: i fratelli Agnelli, Romano Prodi, Renato Ruggiero e gli “attuali” Mario Monti, Tommaso Padoa-Schioppa, Franco Bernabé. Sempre su “Il Foglio”, Carlo Rossella - titolare della rubrica “Alta società” - ha ricordato gli “indimenticabili meeting” degli anni novanta, con “Gianni e Umberto Agnelli, Henry Kissinger, il generale Powell, Conrad Black, la regina d’Olanda, Felipe di Spagna, il principe Filippo e Hillary Clinton, golosa di gelato alla vaniglia”: dal 2000 in poi, “meno vip e più altissimi funzionari”.

Intervistato dalla BBC nel 2005, l’attuale capo della Commissione permanente Étienne Davignon ha descritto il Bilderberg come una sorta di social network dei potenti: “Si tratta di persone che hanno una certa influenza interessate a parlare con altre persone che hanno una certa influenza. Il gruppo Bliderberg non vuole giungere a delle conclusioni, non dice mai ‘dovremmo fare così’. Ognuno se ne va con il suo punto di vista e questo aiuta affinché il dibattito sia completamente aperto, e abbastanza franco”. Un ruolo cruciale, in questo club esclusivo, lo ha giocato Giovanni Agnelli: “Sia alle riunioni del Bilderberg che a quelle della Commissione Trilaterale, alle quali, entrambe, mi introdusse, ho toccato con mano come fosse lui il vero riferimento internazionale dell’Italia - ha ricordato Mario Monti nel 2003, in un’intervista a Danilo Taino del “Corriere della Sera” - Ha dato un enorme credito al Paese”. Altri connazionali, non facenti parte della Commissione permanente, hanno partecipato ai meeting su invito: Giulio Tremonti, Emma Bonino, Mario Draghi, Carlo Rossella e Francesco Giavazzi sono solo alcuni degli italiani che hanno presenziato alle riservatissime sessioni del Bilderberg Club.

Un governo mondiale? L’alone di mistero che circonda il Bilderberg Group ha dato il là a una lunga serie di critiche, supposizioni e fantasie. Secondo alcuni, i potenti si riunirebbero ogni anno per pianificare la politica e l’economia mondiale, e molti eventi degli anni passati - dall’elezione di Bill Clinton all’oscillazione del prezzo del petrolio - si sarebbero verificati sotto mandato indiretto del Club. Tra i più fieri oppositori del Gruppo c’è l’eurodeputato della Lega Nord Mario Borghezio, secondo il quale Bilderberg e Commissione Trilaterale altro non sarebbero che “gruppi occulti che si riuniscono a porte chiuse e decidono sulla pelle e sulla testa dei popoli”. Lo scorso luglio Borghezio ha presentato un’interrogazione parlamentare, e - intervistato da “Affaritaliani.it” - ha ricordato che “Herman Van Rompuy era uno sconosciuto: viene invitato a una riunione del Club Bilderberg e qualche giorno dopo viene eletto presidente Ue”. E non è l’unico caso: “Personaggi che erano signori nessuno, pensiamo a Clinton, improvvisamente fanno carriere folgoranti”, continua Borghezio, convinto che “un club segreto, una super massoneria, dà le direttive a quelli che ci governano”. Già, ma con quale scopo? “Ha un obiettivo mondialista, un potere finanziario che decide al di sopra dei governi”.

Dopo l’incontro di Sitges, Borghezio ha invitato al parlamento europeo Daniel Estulin, l’uomo che - dopo anni di studi e ricerche - ha rilanciato in grande stile teorie inquietanti sul “governo mondiale” con un bestseller tradotto in decine di lingue (“Il Club Bilderberg”, Arianna editrice). “L’Occidentale” lo ha contattato: Estulin - troppo impegnato per un’intervista - ci ha inviato un documento redatto appositamente per la stampa, e contenente risposte alle domande che gli vengono rivolte più frequentemente. Secondo lo scrittore, “al centro sistema finanziario globale c’è un’oligarchia finanziaria rappresentata dal Bilderberg Group”, e ogni meeting annuale - al quale partecipa l’élite europea e nordamericana - ha lo scopo di individuare “il modo migliore per gestire il pianeta”. Come? Creando un network globale di grandi cartelli, “più potente di qualsiasi nazione sulla terra”, e destinato “a controllare la vita del resto dell’umanità”. Secondo Estulin, scopo ultimo del Bilderberg è giungere “a una rivoluzione senza sangue, ispirata dalle classi alte, che porti a un governo di ‘tecnici’ in cui la politica sia subordinata all’economia internazionale”.

Follie? Molti pensano di sì, ma altrettanti sono quelli che comprano il libro di Estulin e restano affascinati dalle storie che racconta. Una, contenuta nel documento che ci ha inviato, riguarda Barack Obama: l’attuale presidente degli Stati Uniti avrebbe partecipato all’incontro di Chantilly (Virginia) del maggio 2008, e avrebbe ricevuto il “via libera” all’elezione direttamente da David Rockfeller e da altri membri americani del Bilderberg. Sia chiaro, i critici di Estulin hanno molte frecce al loro arco: quando parla di sé, lo scrittore dice solo di essere “nipote di un colonello del KGB”, e proprio tale la parentela gli avrebbe permesso di conoscere diversi membri dei servizi segreti mondiali; per ovvi motivi, poi, lo scrittore tiene la bocca cucita anche sulle fonti e sui contatti che lo hanno aiutato nell’indagine sul Club dei potenti. Certo è che la segretezza dei meeting non fa che accrescere il mistero - e l’aura mitica - che avvolge le elitarie conferenze del Bilderberg Group, nell’attesa di sapere quando - e dove - si riuniranno nuovamente i grandi della terra. Sotto l’occhio attento di Estulin.

L'Occidentale