09 settembre 2010

Undici settembre / Discutiamo della Moschea, ma i roghi di libri lasciamoli ai nazisti

Riassunto delle puntate precedenti. Tutto nasce dalla proposta di costruire una Moschea nell’area di Ground Zero, a Manhattan, ipotesi che immediatamente infiamma il dibattito negli Stati Uniti e in Occidente. I contrari la mettono così: edificare una Moschea dove sorgevano le Twin Towers è uno sfregio alla memoria delle vittime dell’11 settembre. I favorevoli, invece, sostengono che un luogo di culto islamico a Ground Zero sarebbe la miglior dimostrazione della forza e della libertà americana. Sia chiaro, stiamo semplificando: il dibattito, ricco di opinioni e osservazioni intelligenti, è stato molto articolato, e ha toccato ogni giornale del mondo. Il “Corriere della Sera”, per fare un esempio, ha dato voce a grandi giornalisti americani quali Charles Krauthammer - secondo cui certi luoghi appartengono “a chi vi ha sofferto e vi è morto e questo obbliga noi, i vivi, a conservarne la dignità e la memoria” - e Fred Zakaria, direttore di “Newsweek”, favorevole all’iniziativa perché luoghi simili aiuterebbero l’affermazione dell’Islam moderato.

Tra i favorevoli, annoveriamo anche il presidente Obama - “Capisco benissimo le emozioni che suscita questo dibattito. Ground Zero è davvero un luogo sacro. Ma questa è l’America, e il nostro impegno a favore della libertà religiosa dev’essere incrollabile” - e il sindaco di New York. Michael Bloomberg, del resto, è autore di uno dei discorsi più interessanti sul tema della Moschea a Lower Manhattan: “Essere un newyorkese significa vivere all’insegna della tolleranza e del rispetto reciproco con il proprio vicino - ha detto il 3 agosto in uno speech da Governor Island - Fu esattamente quello spirito d’apertura e di accoglienza ad essere attaccato l’Undici Settembre”. Secondo il sindaco, “tradiremmo i nostri valori - consegnandoci nelle mani dei nostri nemici - se trattassimo i mussulmani diversamente da chiunque altro. Rifugiarci nei nostri umori più grezzi sarebbe dare una vittoria ai terroristi, e non dovremmo permettercelo”.

Ma cosa pensano i newyorchesi? Secondo un sondaggio realizzato dal “New York Times” tra il 27 e il 31 agosto, su un campione di 892 cittadini adulti, il 67% degli intervistati crede che la Moschea non debba essere costruita perché “i musulmani ne hanno diritto, ma dovrebbero farlo in un luogo meno controverso”. Solo il 27% pensa invece che sia giusto edificare il luogo di culto a Ground Zero, perché “spostarlo significherebbe compromettere i valori americani”. I dati parlano chiaro, e il 64% dei newyorchesi crede anche che la questione riguardi solo gli abitanti di New York, che hanno vissuto l’11 settembre sulla propria pelle: i politici che non vivono nella Grande Mela, dunque, dovrebbero astenersi da ogni commento. Le ragioni non stanno mai da una parte sola: personalmente, trovo che costruire una Moschea dove sorgevano le Twin Towers sia - in linea puramente teorica - una bella risposta all’estremismo islamico; allo stesso tempo, però, comprendo tutte le riserve di chi ha lasciato figli, mariti, madri, padri e amici sotto le macerie di Ground Zero.

Il dibattito resta aperto. Peccato, però, che ogni grande controversia sia terreno fertile per estremismi di ogni sorta. Parlo di Terry Jones, balzato all’onore delle cronache per una singolare iniziativa: l’11 settembre, per commemorare le vittime di una tragedia colossale, il pastore evangelico ha intenzione di bruciare copie del Corano nel cortile della sua chiesa, per dimostrare agli islamici radicali che “non siamo più dominati da paure e minacce”. Idea folle contro la quale sono già insorti in molti, dalla Casa Bianca al Vaticano, senza contare il generale David Petraeus - giustamente preoccupato per l’incolumità dei soldati in Afghanistan. C’è poco da discutere: nell’Occidente liberale e democratico nessun libro dovrebbe bruciare, perché il rogo di massa del 10 maggio 1933 - ad opera dei nazisti - ci è bastato. Senza contare che il rogo del libro in questione rischia di accendere gli animi di altri estremisti sparsi in tutto il mondo. Bruciare copie del Corano - un’azione ben diversa, si badi, dalla pubblicazione di vignette satiriche rappresentanti Maometto - non rappresenta una vittoria contro il fondamentalismo, ma una sconfitta dell’intelligenza e del buon senso.

ilDemocratico.com