12 novembre 2010

Due cronache dal basso impero

Da qualche giorno, sui quotidiani, vanno in scena cronache da fine impero: analisi, editoriali, racconti sulla crisi di governo e, dicono alcuni, del berlusconismo. Oggi spiccano due articoli. Il primo è un intervento di Giuliano Ferrara sul Foglio, dal titolo (emblematico) "Si sta come d'autunno":
Fanno male i video con i pedinamenti di Lele Mora che va a una festa ad Arcore accompagnato da belle ragazze. Fanno male non perché abbiano un qualche significato morale, ma perché dimostrano che il Cav., non si sa come, non si sa bene perché, è diventato un uomo di stato che non conta, che può essere messo alla berlina da gente che lo spia, che può essere tirato in ballo in storie urca-scandalistiche da una escort spacciatrice già confidente dei carabinieri, e l'impressione è che anche la convocazione al Comitato parlamentare sui servizi sia solo un tentativo di umiliazione politica ben congegnato e ben raccordato con tutto il resto. [...] Il potere di interdizione del vincitore delle elezioni si fonda sul suo seguito popolare ed elettorale, e sul suo consistente esercito parlamentare, ma dipende ormai quasi integralmente dalla benevolenza di Bossi e dalla fiducia in lui dei suoi del Pdl, sottoposti nel nord alla prospettiva di non essere rieletti. E nella Lega sono in atto, dalla base al vertice, sommovimenti tellurici, roba forte, roba che non si vede.
Sulla Stampa, Michele Brambilla scrive invece di un clima che è "un clima da fine impero, e quando finisce un impero si scatenano gli istinti più bassi, la ribalta è degli ex fedelissimi che tradiscono e dei nemici che infieriscono, e questa è una delle cose peggiori perché non c’è niente di più vile che infierire su chi cade. Sono giorni già tante volte vissuti in questo Paese, i giorni del «mai stato fascista, io» e del «mai stato craxiano, io»". A questo proposito, Brambilla racconta un aneddoto esilarante:
Per un po’ sarà il caos, come dopo il 25 aprile: si starà alla finestra, un po’ di qua e un po’ di là in attesa di capire come va a finire. Un vecchio collega raccontava di quel che accadde al suo paese, in Veneto, dove l’ex podestà, diventato primo sindaco provvisorio dopo la Liberazione, stava - con un fazzoletto rosso al collo - nella piazza principale a fianco del parroco: un cittadino si presentò davanti ai due sollevando contemporaneamente entrambe le braccia, la destra per il saluto romano e la sinistra per il pugno chiuso, esclamando: «Sia lodato Gesù Cristo».