17 aprile 2011

Se l'ultimo viaggio diventa simbolo dell'odio

Presto il corpo di Vittorio Arrigoni tornerà in Italia. Come spiega Federica Micardi sul Sole 24 Ore, la salma passerà dall'Egitto per aggirare il territorio israeliano: "Egidia Beretta, la mamma di Vittorio, vuole infatti evitare il passaggio del corpo del figlio attraverso Israele, per rispettare la memoria del ragazzo che ha dedicato la sua vita a lottare contro le azioni israeliane nei territori palestinesi, battaglia che gli è costata diversi provvedimenti di fermo da parte delle autorità ebraiche e duri periodi di detenzione".

Ecco cosa scrive oggi sul Corriere della Sera lo scrittore Etgar Keret, che si trova a Venezia per un festival letterario:
La terra di Israele è forse tanto empia da non poter essere attraversata da un morto? E i suoi abitanti sono forse tanto abbietti che il loro semplice contatto rischia di profanare quel corpo? Sarà forse la negazione dell’esistenza di Israele e dei sette milioni di ebrei e musulmani che vi abitano ad accelerare quel processo di pace e quella liberazione per la quale il figlio aveva varcato i mari e combattuto per tutta la sua vita?

Mi auguro che Vittorio Arrigoni sia stato più pro palestinese che anti israeliano. Eppure, anziché incarnare un gesto di compassione e di umanità verso il popolo che aveva voluto aiutare, il suo ultimo viaggio diventa simbolo dell’odio e del rifiuto verso coloro che considerava nemici. E se questo è quanto la mia regione sa offrire in memoria di un pacifista assassinato, quali possono essere le speranze per una pace futura?