15 settembre 2011

Parole definitive sul 3D

Odio il 3D. La prima volta, al cinema, ci ho provato con "San Valentino di Sangue": avevo un posto laterale che falsava tutta la visuale, una fatica pazzesca. La seconda volta, con "A Christmas Carol" della Disney, è andata meglio: le scene con Scrooge in volo erano affascinanti, ma tutto sommato lo sarebbero state anche in due dimensioni. Il punto è che - oltre a costare un occhio della testa - i film in 3D sono semplicemente "incompatibili" con chi - come me - porta gli occhiali (e non ha intenzione di mettere le lenti a contatto per avere comunque mal di testa dopo due ore). Al fallimento (annunciato) del 3D (che bello sentire queste parole) dedica oggi un articolo molto interessante la rivista Studio. Alberto Forni, l'autore, a un certo punto scrive:
Di una cosa sono certo, anzi certissimo, e cioè che il 3D era una cagata negli anni ’50, quando è stato lanciato, ed è ancora una cagata nel 2011. Non è un problema di tecnologia. Il problema è che non ha nessun senso. Intendiamoci, è bellissimo e favoloso, certo, ma lo è per 5 minuti, perché è e rimarrà sempre una cosa innaturale ai confini della labirintite e perché tutto sommato posso accontentarmi del fatto – anzi forse preferisco – che Nadal gli smash li faccia a due metri da me e non esattamente dentro al mio cervello e che le lolite del k-pop non finiscano per mettermi le loro videozinne in bocca. In fondo, a pensarci bene, tutta questa storia del 3D puzza di marketing terminale lontano un miglio. È come se la Philips, oggi, si mettesse a riproporre sul mercato la sua Digital Compact Cassette. La gente non l’ha voluta 20 anni fa, perché mai dovrebbe volerla adesso?