06 settembre 2011

Sciopero/ Perché il Corriere non è in edicola

È spuntata anche una pagina Facebook, “Per la libertà di stampa: Corriere in edicola il 6 settembre”. Hanno aderito più di trecento persone, inutilmente: oggi il quotidiano di via Solferino non è uscito, a differenza di altre testate come La Stampa e Repubblica. Perché? Partiamo dall’inizio. Ieri mattina sul Corriere è comparso un corsivo di Ferruccio De Bortoli: “Lo sciopero nazionale della Cgil - si legge - impedirà domani l’uscita del Corriere. La maggior parte degli altri quotidiani sarà in edicola. In precedenti occasioni, i lavoratori poligrafici, con grande senso di responsabilità, avevano garantito tutte le pubblicazioni. Questa volta no”.

Segue la parte più dura, in cui De Bortoli punta il dito direttamente contro il sindacato: “La decisione è stata presa direttamente da Susanna Camusso. Ed è stato minacciato un ulteriore sciopero nel caso si tenti di far uscire ugualmente il giornale con le maestranze presenti. Un atto grave e discriminatorio”. Il direttore dice di di aver chiesto una deroga al segretario della Cgil, facendole notare come gli altri grandi giornali - che hanno comunque un numero inferiore di poligrafici iscritti al sindacato della Camusso - sarebbero stati regolarmente in edicola. Ma il tentativo non è andato a buon fine: “Non ho ricevuto risposta. Educazione a parte - conclude il direttore - mi è sembrato di cogliere nelle parole della Camusso un fastidio nei confronti delle critiche e delle posizioni del Corriere che mi ha sorpreso e amareggiato”.

La valutazione di De Bortoli è molto dura: la Camusso, artefice di “una pessima pagina della sua gestione”, negherebbe i diritti di altri lavoratori e soprattutto dei lettori. In caso di sciopero generale, aggiungo io, i quotidiani hanno infatti il dovere di spiegare le ragioni della protesta. Senza contare, poi, che il Corriere manca l’appuntamento con l’edicola in giorni molto caldi, mentre Angela Merkel - per dirne una - paragona la situazione italiana a quella greca.

In tarda serata, quando il corsivo di De Bortoli è ormai sulla bocca di tutti, la Camusso risponde: “Mi pare che sia evidente a tutti - dice il segretario nell’ambito della festa torinese del Pd - che lo sciopero generale straordinario che abbiamo convocato avviene in una condizione straordinaria e non ci pare utile in una condizione di questo tipo che ci siano deroghe né per il Corriere né per altri che ce lo hanno chiesto e che hanno ricevuto la stessa risposta, senza però lamentarsi e insinuare come ha fatto il direttore del Corriere”.

Insomma, se davvero la Cgil non ha nulla contro il Corriere - e se davvero non sono state minacciate “ritorsioni” in caso di uscita del quotidiano di via Solferino - la risposta è una sola: oggi il Corriere non è in edicola perché - rispetto ad altri giornali - ha un numero superiore di poligrafici iscritti alla Cgil. E dati gli importanti motivi che hanno spinto il sindacato verso lo sciopero generale, non saranno concesse deroghe: una posizione diversa rispetto al passato, quando il sindacato ha consentito ai poligrafici di lavorare anche per garantire la giusta informazione ai lettori.

Questi i punti di vista di De Bortoli e della Camusso. Chi ha ragione? Non sta a noi dirlo. Per farsi un’idea in proposito non resta che rispondere a due domande: davvero questo sciopero, rispetto a quelli passati, è tanto importante da non consentire deroghe per gli organi di informazione? È giusto seguire la linea più dura penalizzando i lettori del Corriere, dal momento che gli altri grandi giornali saranno in edicola e spiegheranno le ragioni della mobilitazione?

PS: A causa dello sciopero dei poligrafici, oggi non escono anche la Gazzetta dello Sport (appartenente allo stesso gruppo editoriale del Corriere) e l’Unità, il cui direttore Claudio Sardo ha chiesto a sua volta una deroga. Sardo però non è d’accordo con i giudizi sul sindacato espressi da De Bortoli: “La Cgil e il suo segretario Susanna Camusso - scrive sul sito del giornale - hanno avuto coraggio. E la loro scelta consente di dare voce e rappresentanza ad un'Italia che vuole cambiare. Di più, consente di rimettere al centro le questioni sociali, invece delle solite narrazioni sulla politica strutturalmente impotente, in cui tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera”.

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