Mario D’Aurio – padre di Lorenzo, il militare del Sismi rapito in Afghanistan ed ora ricoverato a Roma in fin di vita – ha rilasciato un’intervista esclusiva ai microfoni di “SkyTg24”. A smuoverlo, il bisogno di sfogarsi pubblicamente: “Io avrei delle denunce da fare, è tutto uno schifo. Sono tutti assassini, Prodi e Berlusconi”. L’uomo, intervistato nella sua casa, si è detto rassegnato sulla sorte del figlio: “Non c’è speranza: ho fatto il militare anch’io, con i colpi così non si sopravvive”. Lorenzo D’Aurio, trentatrè anni, è ricoverato all’Ospedale Militare Celio di Roma: a tenerlo in vita, un respiratore artificiale.
È la rabbia a dar voce al padre di Lorenzo, che formula senza mezzi termini una serie di accuse all’Italia e al suo esercito. Mario si chiede perché abbiano mandato proprio suo figlio – “Con tanti generali, ci mandano un ragazzo” – per una missione così rischiosa: “Lì è andato a fare quelle incursioni alla frontiera: quello non lo dico io, lo dicono anche le notizie. Come si fa a mandare un ragazzo alla frontiera, dove vengono le armi, come si fa…”. Il signor D’Aurio sembra avere le idee chiare anche sulla finalità di tali spedizioni: “Lui è andato lì a scoprire se le armi passavano di qua, a fare contento Bush che commercia le armi”. Il rapimento dei due agenti del Sismi, si ricorderà, è avvenuto nella zona di Herat: il confine con l’Iran dista solo pochi chilometri.
Lorenzo era tornato in Italia due mesi prima del rapimento, una breve licenza per abbracciare il terzo figlio appena nato: “È venuto con un permesso quando è nato il bambino, poi è dovuto tornare”, ricorda il padre, “domenica finiva il ciclo dei sei mesi” e finalmente sarebbe potuto tornare a casa dalla famiglia. I contatti con il figlio non sono mai stati frequenti – “Ci sentivamo poco, perché lui era in contatto con la moglie” – e nessuno ha mai saputo cosa facesse precisamente in Afghanistan: “Lui era immerso nel silenzio del dovere. Lui non diceva niente, gli amici più cari non lo sanno”.
Da sempre contrario alla scelta di vita del figlio, il padre dice di aver notato qualcosa di strano in Lorenzo in occasione dell’ultima licenza. “Lui ultimamente non voleva andarci, era triste, triste…”. Nostalgia di casa o qualcosa di più grande? Secondo il padre, “o ha avuto qualche minaccia prima, oppure sapendo il posto dove andava…”.
Riguardo alle indagini che dovranno stabilire se ad uccidere Lorenzo è stato fuoco amico o nemico, Mario D’Aurio si mostra scettico: “Lo sa lei come vanno queste cose. Quando si saprà? Mai…”. Per cercare di stabilirlo,al di là della diffidenza, saranno fondamentali gli interrogatori della procura di Roma con l’altro agente del Sismi – lievemente ferito, ma in buone condizioni di salute – e con l’interprete, giunti all’aeroporto di Ciampino nel corso della notte. Del ferimento dei due agenti del Sismi si occuperà in oltre il Copaco (Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti): l’organismo, presieduto da Claudio Scajola, ha deciso di convocare l’ammiraglio Branciforte per il 10 ottobre, “con particolare riferimento al rapimento dei militari italiani in Afghanistan ed alle operazioni condotte per la loro liberazione".
Sulle parole di Mario D’Aurio si è espresso il ministro della difesa Arturo Parisi. Il ministro ha dichiarato che “il dolore giustifica ogni parola”, e ancor di più “il dolore di un padre per il dolore dell'unico figlio maschio per anni cercato e profondamente amato”. Parisi ha poi indirettamente risposto a parte delle accuse mosse dal padre di Lorenzo: “Avendo parlato a lungo con persone che lo conoscono e lo amano, posso solo dire che della missione a lui affidata il suo ragazzo era pienamente consapevole e fiero”.
È la rabbia a dar voce al padre di Lorenzo, che formula senza mezzi termini una serie di accuse all’Italia e al suo esercito. Mario si chiede perché abbiano mandato proprio suo figlio – “Con tanti generali, ci mandano un ragazzo” – per una missione così rischiosa: “Lì è andato a fare quelle incursioni alla frontiera: quello non lo dico io, lo dicono anche le notizie. Come si fa a mandare un ragazzo alla frontiera, dove vengono le armi, come si fa…”. Il signor D’Aurio sembra avere le idee chiare anche sulla finalità di tali spedizioni: “Lui è andato lì a scoprire se le armi passavano di qua, a fare contento Bush che commercia le armi”. Il rapimento dei due agenti del Sismi, si ricorderà, è avvenuto nella zona di Herat: il confine con l’Iran dista solo pochi chilometri.
Lorenzo era tornato in Italia due mesi prima del rapimento, una breve licenza per abbracciare il terzo figlio appena nato: “È venuto con un permesso quando è nato il bambino, poi è dovuto tornare”, ricorda il padre, “domenica finiva il ciclo dei sei mesi” e finalmente sarebbe potuto tornare a casa dalla famiglia. I contatti con il figlio non sono mai stati frequenti – “Ci sentivamo poco, perché lui era in contatto con la moglie” – e nessuno ha mai saputo cosa facesse precisamente in Afghanistan: “Lui era immerso nel silenzio del dovere. Lui non diceva niente, gli amici più cari non lo sanno”.
Da sempre contrario alla scelta di vita del figlio, il padre dice di aver notato qualcosa di strano in Lorenzo in occasione dell’ultima licenza. “Lui ultimamente non voleva andarci, era triste, triste…”. Nostalgia di casa o qualcosa di più grande? Secondo il padre, “o ha avuto qualche minaccia prima, oppure sapendo il posto dove andava…”.
Riguardo alle indagini che dovranno stabilire se ad uccidere Lorenzo è stato fuoco amico o nemico, Mario D’Aurio si mostra scettico: “Lo sa lei come vanno queste cose. Quando si saprà? Mai…”. Per cercare di stabilirlo,al di là della diffidenza, saranno fondamentali gli interrogatori della procura di Roma con l’altro agente del Sismi – lievemente ferito, ma in buone condizioni di salute – e con l’interprete, giunti all’aeroporto di Ciampino nel corso della notte. Del ferimento dei due agenti del Sismi si occuperà in oltre il Copaco (Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti): l’organismo, presieduto da Claudio Scajola, ha deciso di convocare l’ammiraglio Branciforte per il 10 ottobre, “con particolare riferimento al rapimento dei militari italiani in Afghanistan ed alle operazioni condotte per la loro liberazione".
Sulle parole di Mario D’Aurio si è espresso il ministro della difesa Arturo Parisi. Il ministro ha dichiarato che “il dolore giustifica ogni parola”, e ancor di più “il dolore di un padre per il dolore dell'unico figlio maschio per anni cercato e profondamente amato”. Parisi ha poi indirettamente risposto a parte delle accuse mosse dal padre di Lorenzo: “Avendo parlato a lungo con persone che lo conoscono e lo amano, posso solo dire che della missione a lui affidata il suo ragazzo era pienamente consapevole e fiero”.