Qualcuno, nei giorni nei giorni in cui la giunta di Than Shwe ha represso con la violenza le proteste dei monaci buddisti, si sarà chiesto dove il regime birmano trovi tutti quei soldati disposti a incrementare le fila di un esercito sanguinario e dispotico. La domanda assume poi maggior rilievo se si tiene conto di quei soldati – non troppi, per la verità – che hanno rifiutato gli ordini del regime e si sono inchinati di fronte ai monaci nelle strade.
La risposta a queste domande, una risposta agghiacciante e purtroppo poco sorprendente, sta in un documento d'accusa appena pubblicato da "Human Rights Watch", proprio mentre i monaci sono nuovamente tornati in strada chiedendo democrazia e libertà per Aung San Suu Kyi. La risposta, dicevamo, è semplice: molti dei soldati sono bambini. Con il termine "bambini", precisa l'organizzazione umanitaria, s'intendono tutti i minori di diciotto anni: ma assai comuni sono i casi di bambino-soldato di soli dieci anni.
Andiamo con ordine. L'atto d'accusa è costituito da un documento di 150 pagine stilato da "Human Rights Watch", organizzazione non governativa (con sede a New York) che monitora il rispetto dei diritti umani nel mondo secondo le linee generali della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo. Il documento è esplicito sin dal titolo: "Venduti per essere soldati. Il reclutamento e l'uso dei bambini soldato in Birmania".
Le prime righe del documento mettono subito in chiaro il dramma a cui ci troviamo di fronte, presentando il caso di Maung Zaw Oo: dall'età di quattordici anni, Maung è già stato reclutato dall'esercito ben due volte. Come? Quattordicenne nel 2004, il bambino è stato preso da un soldato che ha ricevuto, come ricompensa, 20.000 kyat (circa 15 $), un sacco di riso e una grossa latta d'olio. Il battaglione a cui apparteneva il soldato l'ha in seguito rivenduto a un grande centro di reclutamento per un somma superiore, 50.000 kyan: una vera e propria compravendita al rialzo.
Dopo il primo reclutamento, Maung è riuscito a fuggire: ma l'anno seguente è stato nuovamente catturato e mandato nell'esercito. "All'età di 16 anni, Maung Zaw Oo sembra rassegnato al suo destino" afferma il documento di "HRW": l'esercito diventa ben presto una soluzione obbligata per moltissimi bambini, anche più piccoli di lui. L'altra faccia della medaglia, a patto di riuscire a fuggire dal reclutamento, è la povertà assoluta.
"HRW" presenta molti casi simili, e anche più disperati, di quello di Maung: bambini di dieci anni costretti a lasciare le famiglie, per rinfoltire le fila di un esercito alla disperata caccia di reclute per mantenere salda la dittatura. Tutti i soldati maggiorenni intervistati dall'organizzazione parlano della presenza di bambini nelle fila dei loro battaglioni. I bambini vengono adescati prevalentemente nel luoghi pubblici: stazioni e mercati. L'ipotesi di un rifiuto non viene neppure contemplata: i minori esitanti vengono minacciati e picchiati.
Secondo la legge birmana, l'esercito è costituito da volontari maggiorenni: al momento della domanda di reclutamento, gli interessati dovrebbero fornire documenti che comprovino il raggiungimento della maggiore età. Ma questo, rivela il documento, accade assai raramente: è dagli anni novanta che il governo, a corto di reclute, riempie tranquillamente le fila dell'esercito con dei bambini. Emblematica, a questo proposito, la testimonianza di un sedicenne: "Hanno compilato un modulo con i miei dati, e quando ho risposto che avevo 16 anni mi hanno detto: 'Tu ne hai 18, ripetilo, 18 anni'". Un altro intervistato ha raccontato di essere stato arruolato per la prima volta a 11 anni: altezza, 1.30m; peso: poco più di 30 kg. Il rischio, secondo "HRW", è che la pratica dei bambini-soldato possa subire un ulteriore incremento a fronte della necessità di arginare le proteste dei monaci.
Nella seconda parte di "Venduti per essere soldati", "HRW" stila poi una lista di richieste ufficiali per le Nazioni Unite e la comunità internazionale. Principali questioni, come da tempo sostengono Stati Uniti, Francia e Inghilterra, sono la necessità di bloccare il flusso d'armi verso la Birmania e l'urgenza di nuove – efficaci – sanzioni contro il regime. Jo Becker, membro dell'organizzazione umanitaria, ha denunciato i generali birmani che "tollerano l'arruolamento dei bambini e non puniscono coloro che lo esercitano": ma più che tollerarlo, viene da pensare, sono i primi ad ordinarlo.
E le bambine birmane? Se non sono utili per le armi, lo sono per il sesso a pagamento. A lanciare questa ulteriore, pesante accusa è un reportage del quotidiano inglese "The Guardian", secondo il quale per 100 $ è possibile passare la notte con una tredicenne: più sale l'età della prostituta, più il prezzo si abbassa. Pratiche di questo tipo sarebbero diffuse in tutti i maggiori nightclub birmani, così come nei locali d'infima categoria. Principali clienti, gli stessi ufficiali governativi. Per chiarire definitivamente la portata e la drammaticità del fenomeno, il quotidiano riporta alcuni dati: 360.000 birmani sarebbero sieropositivi, uno dei più ali tassi del sud-est asiatico; fra le prostitute, la percentuale di sieropositive è del 30%.
Le due notizie, quella dei bambini soldato e quella delle baby prostitute, sono emerse a distanza ravvicinata, quasi contemporaneamente al sorgere di nuove – ancora ridotte – proteste da parte dei monaci. La concomitanza degli eventi potrebbe non essere fortuita: il 3 novembre, infatti, è previsto il ritorno in Birmania dell'inviato dell'Onu Ibrahim Gambari, dopo un lungo tour diplomatico nei maggiori paesi asiatici. Gambari dovrebbe fermarsi in Birmania fino all'8 novembre: improbabile, per almeno cinque giorni, una repressione armata di eventuali ulteriori manifestazioni. La presenza dell'inviato, inoltre, dovrebbe garantire una maggiore visibilità mediatica a quanto accadrà sulle strade di Rangoon e delle altre città principali. La speranza, dopo la pubblicazione di queste notizie, è che Gambari chieda conto al regime anche dell'arruolamento di bambini nelle fila dell'esercito: un ulteriore scandalo sulla groppa di un regime sempre più isolato dal mondo occidentale.
Da Pechino, intanto, il ministro degli Esteri francesi Bernard Kouchner si è fatto sentire dicendo chiaramente quello che tutti – Cina compresa – sanno benissimo: "Sono sufficienti le sanzioni? Io personalmente credo che non siano sufficienti. Quindi dobbiamo lavorare su ulteriori sanzioni e ulteriori incentivi, non per il regime ma per la popolazione birmana". Nessun passo avanti, ovviamente, è venuto da parte della Cina: il gigante asiatico, maggior sostenitore di Than Shwe, resta fermo sulla contrarietà a qualsiasi misura contro il regime.
Tutto, insomma, è nelle mani di Gambari: ma finché la Cina proteggerà il regime (e gli interessi in ballo sono troppo grandi perché smetta di farlo), gli spazi di manovra per il nigeriano restano angusti. Ma qualche esile speranza, ovviamente, resta anche in quei monaci eroici che hanno deciso di tornare in piazza, in barba agli arresti e alle torture. Mercoledì in strada erano poco più di cento, non molti: ma anche ad agosto una piccola fiammella rossa è presto diventata una valanga in piena.
La risposta a queste domande, una risposta agghiacciante e purtroppo poco sorprendente, sta in un documento d'accusa appena pubblicato da "Human Rights Watch", proprio mentre i monaci sono nuovamente tornati in strada chiedendo democrazia e libertà per Aung San Suu Kyi. La risposta, dicevamo, è semplice: molti dei soldati sono bambini. Con il termine "bambini", precisa l'organizzazione umanitaria, s'intendono tutti i minori di diciotto anni: ma assai comuni sono i casi di bambino-soldato di soli dieci anni.
Andiamo con ordine. L'atto d'accusa è costituito da un documento di 150 pagine stilato da "Human Rights Watch", organizzazione non governativa (con sede a New York) che monitora il rispetto dei diritti umani nel mondo secondo le linee generali della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo. Il documento è esplicito sin dal titolo: "Venduti per essere soldati. Il reclutamento e l'uso dei bambini soldato in Birmania".
Le prime righe del documento mettono subito in chiaro il dramma a cui ci troviamo di fronte, presentando il caso di Maung Zaw Oo: dall'età di quattordici anni, Maung è già stato reclutato dall'esercito ben due volte. Come? Quattordicenne nel 2004, il bambino è stato preso da un soldato che ha ricevuto, come ricompensa, 20.000 kyat (circa 15 $), un sacco di riso e una grossa latta d'olio. Il battaglione a cui apparteneva il soldato l'ha in seguito rivenduto a un grande centro di reclutamento per un somma superiore, 50.000 kyan: una vera e propria compravendita al rialzo.
Dopo il primo reclutamento, Maung è riuscito a fuggire: ma l'anno seguente è stato nuovamente catturato e mandato nell'esercito. "All'età di 16 anni, Maung Zaw Oo sembra rassegnato al suo destino" afferma il documento di "HRW": l'esercito diventa ben presto una soluzione obbligata per moltissimi bambini, anche più piccoli di lui. L'altra faccia della medaglia, a patto di riuscire a fuggire dal reclutamento, è la povertà assoluta.
"HRW" presenta molti casi simili, e anche più disperati, di quello di Maung: bambini di dieci anni costretti a lasciare le famiglie, per rinfoltire le fila di un esercito alla disperata caccia di reclute per mantenere salda la dittatura. Tutti i soldati maggiorenni intervistati dall'organizzazione parlano della presenza di bambini nelle fila dei loro battaglioni. I bambini vengono adescati prevalentemente nel luoghi pubblici: stazioni e mercati. L'ipotesi di un rifiuto non viene neppure contemplata: i minori esitanti vengono minacciati e picchiati.
Secondo la legge birmana, l'esercito è costituito da volontari maggiorenni: al momento della domanda di reclutamento, gli interessati dovrebbero fornire documenti che comprovino il raggiungimento della maggiore età. Ma questo, rivela il documento, accade assai raramente: è dagli anni novanta che il governo, a corto di reclute, riempie tranquillamente le fila dell'esercito con dei bambini. Emblematica, a questo proposito, la testimonianza di un sedicenne: "Hanno compilato un modulo con i miei dati, e quando ho risposto che avevo 16 anni mi hanno detto: 'Tu ne hai 18, ripetilo, 18 anni'". Un altro intervistato ha raccontato di essere stato arruolato per la prima volta a 11 anni: altezza, 1.30m; peso: poco più di 30 kg. Il rischio, secondo "HRW", è che la pratica dei bambini-soldato possa subire un ulteriore incremento a fronte della necessità di arginare le proteste dei monaci.
Nella seconda parte di "Venduti per essere soldati", "HRW" stila poi una lista di richieste ufficiali per le Nazioni Unite e la comunità internazionale. Principali questioni, come da tempo sostengono Stati Uniti, Francia e Inghilterra, sono la necessità di bloccare il flusso d'armi verso la Birmania e l'urgenza di nuove – efficaci – sanzioni contro il regime. Jo Becker, membro dell'organizzazione umanitaria, ha denunciato i generali birmani che "tollerano l'arruolamento dei bambini e non puniscono coloro che lo esercitano": ma più che tollerarlo, viene da pensare, sono i primi ad ordinarlo.
E le bambine birmane? Se non sono utili per le armi, lo sono per il sesso a pagamento. A lanciare questa ulteriore, pesante accusa è un reportage del quotidiano inglese "The Guardian", secondo il quale per 100 $ è possibile passare la notte con una tredicenne: più sale l'età della prostituta, più il prezzo si abbassa. Pratiche di questo tipo sarebbero diffuse in tutti i maggiori nightclub birmani, così come nei locali d'infima categoria. Principali clienti, gli stessi ufficiali governativi. Per chiarire definitivamente la portata e la drammaticità del fenomeno, il quotidiano riporta alcuni dati: 360.000 birmani sarebbero sieropositivi, uno dei più ali tassi del sud-est asiatico; fra le prostitute, la percentuale di sieropositive è del 30%.
Le due notizie, quella dei bambini soldato e quella delle baby prostitute, sono emerse a distanza ravvicinata, quasi contemporaneamente al sorgere di nuove – ancora ridotte – proteste da parte dei monaci. La concomitanza degli eventi potrebbe non essere fortuita: il 3 novembre, infatti, è previsto il ritorno in Birmania dell'inviato dell'Onu Ibrahim Gambari, dopo un lungo tour diplomatico nei maggiori paesi asiatici. Gambari dovrebbe fermarsi in Birmania fino all'8 novembre: improbabile, per almeno cinque giorni, una repressione armata di eventuali ulteriori manifestazioni. La presenza dell'inviato, inoltre, dovrebbe garantire una maggiore visibilità mediatica a quanto accadrà sulle strade di Rangoon e delle altre città principali. La speranza, dopo la pubblicazione di queste notizie, è che Gambari chieda conto al regime anche dell'arruolamento di bambini nelle fila dell'esercito: un ulteriore scandalo sulla groppa di un regime sempre più isolato dal mondo occidentale.
Da Pechino, intanto, il ministro degli Esteri francesi Bernard Kouchner si è fatto sentire dicendo chiaramente quello che tutti – Cina compresa – sanno benissimo: "Sono sufficienti le sanzioni? Io personalmente credo che non siano sufficienti. Quindi dobbiamo lavorare su ulteriori sanzioni e ulteriori incentivi, non per il regime ma per la popolazione birmana". Nessun passo avanti, ovviamente, è venuto da parte della Cina: il gigante asiatico, maggior sostenitore di Than Shwe, resta fermo sulla contrarietà a qualsiasi misura contro il regime.
Tutto, insomma, è nelle mani di Gambari: ma finché la Cina proteggerà il regime (e gli interessi in ballo sono troppo grandi perché smetta di farlo), gli spazi di manovra per il nigeriano restano angusti. Ma qualche esile speranza, ovviamente, resta anche in quei monaci eroici che hanno deciso di tornare in piazza, in barba agli arresti e alle torture. Mercoledì in strada erano poco più di cento, non molti: ma anche ad agosto una piccola fiammella rossa è presto diventata una valanga in piena.
L'Occidentale