21 luglio 2008

Ronaldinho dà allegria al Milan, ma non ad Ancelotti

Ora il grande Alberto Costa lo scrive chiaramente: l'acquisto di Ronaldinho, forse, non è stata una buona idea (per almeno 5 motivi). L'idea peggiore, aggiungo io.

Acquistando Ronaldinho, il Milan ha centrato nel migliore dei modi un obiettivo fondamentale: restituire entusiasmo ad un ambiente depresso. L'impennata degli abbonamenti, la festa di San Siro, i titoloni dei giornali sono infatti la dimostrazione della ritrovata grandeur rossonera. E del resto l'isteria collettiva e un po' kitsch che ha caratterizzato un raduno, quello di Milanello, in cui il momento più alto è stata la citazione di Fabio Volo manco si trattasse di Dostoevskij, non è che la conferma di quale fosse il grado di frustrazione collettiva nei confronti dello strapotere interista.

Tra poco però, passata la sbornia, non ci si potrà esimere dall'analizzare l'affaire Ronaldinho in maniera meno convenzionale perché, lo dice la saggezza popolare, non è tutto oro quello che riluce. Sono almeno 5 le ragioni che dovrebbero indurci a tirare il freno a mano in attesa di tempi migliori, quelli in cui, se mai accadrà (e noi ovviamente auspichiamo che accada), il Gaucho riuscirà a fare la differenza in campo e non solo nel marketing:

1) Ronaldinho ha 28 anni e da due è in caduta libera. Si è mai vista una stella cadente riposizionarsi lungo l'orbita originaria? Non è solo questione di astronomia... I vertici rossoneri, beati loro, non hanno dubbi in proposito: «Ronnie sta dimostrando con i fatti di volersi mettere in gioco... Mi ha detto di voler arrivare al Mondiale in Brasile del 2014» (Adriano Galliani dixit). Raccolte di giornali alla mano, abbiamo scovato vecchie dichiarazioni di Rivaldo, Redondo, Vieri, Emerson e Ronaldo: tutti volevano rimettersi in gioco con la maglia del Milan. E anche Ronaldo, come Ronaldinho, puntava al Mondiale: lui però si accontentava di quello sudafricano del 2010.

2) Ancelotti non gradiva Ronaldinho, il «trecante», mezzo trequartista e mezzo attaccante. La sua prima scelta (giustamente) era un centravanti di peso in area (Adebayor): al Milan manca dai tempi di Bierhoff. Carletto ha fatto buon viso a cattiva sorte ma con Ronaldinho, Kaká e Pato chi la becca di testa? Un altro dei problemi irrisolti resta quello del portiere, come dimostrano i tentativi (vani) di sbolognare Dida e la cessione di Abbiati al Palermo (stoppata dall'interessato). Berlusconi però, dopo avere bocciato un anno fa l'acquisto di Buffon (ancora complimenti), ha deciso che la priorità era un trequartista da aggiungere a Seedorf e Kaká. Allegria.

3) Dopo la figuraccia di Ronaldo con i travestiti, il Milan aveva rinunciato definitivamente alla pista-Ronaldinho. Motivi extracalcistici, collegati alla vivacità di certe abitudini notturne. Cos'è cambiato in un paio di mesi? Il Gaucho ha promesso di farsi frate trappista?

4) Soltanto dopo avere scartato Adebayor perché non piaceva a Berlusconi e dopo avere fallito l'assalto a Sheva che piaceva a Berlusconi, Galliani è stato costretto a puntare su Ronaldinho. Domanda: se mai c'è stato, qual è il progetto tattico che ha contraddistinto la campagna di rafforzamento rossonera? Perché passare con nonchalance da una prima a una seconda punta per poi celebrare l'acquisto di un trequartista, è materia da Guinness dei primati.

5) L'ingresso di Ronaldinho nella repubblica milanista poteva forse essere migliore. Discutibile ad esempio la campagna di stampa per espropriare Seedorf della maglia numero 10. Un po' di rispetto, please. E che dire della sua partecipazione (di Ronaldinho) all'Olimpiade, giustificata (dal Milan) con il fatto che si trattasse di un accordo raggiunto quando il calciatore era «tesserato per un altro club». Peccato, peraltro, che il Barcellona avesse negato il permesso al suo campione. È dunque evidente l'arrampicata rossonera sugli specchi per giustificare il niet olimpico a Kaká e Bonera. Ma siamo così certi che Kaká farà finta di nulla?

Alberto Costa
(C) Corriere della Sera