06 giugno 2009

L'Asse del Male sta vincendo: parola di Siria e Iran

29 gennaio 2002: nell’annuale discorso sullo stato dell’Unione, l’ex presidente degli Stati Uniti George W. Bush parla per la prima volta di “Asse del male”. Il riferimento è a Iran, Siria e Corea del Nord, regimi accusati di sostenere il terrorismo e di sviluppare armi di distruzione di massa. Sette anni e due guerre dopo – in concomitanza con lo storico discorso tenuto al Cairo dal neopresidente Barack Obama – la minaccia dell’Asse del male resta immutata, se non si è fatta persino più stringente, per quanto sia ormai divenuto quasi blasfemo farvi riferimento. Ne sono prova i recenti test missilistici nordcoreani: anni di diplomazia multilaterale, culminati nelle mani tese con cui l’ultimo Bush ha persino cancellato il nome della Corea del Nord dall’Asse del Male, non sono serviti a convincere Pyongyang a rinunciare alle armi nucleari. Ne è prova, soprattutto, il recente incontro tra il presidente iraniano Ahmadinejad e il suo omologo siriano, Bashar al-Assad.

Il vertice tra i due leader, il terzo da quando l’ex sindaco di Teheran è divenuto presidente dell’Iran, ha avuto luogo a Damasco lo scorso 5 maggio, nel quadro di un viaggio che ha portato Ahmadinejad ad incontrare anche i leader di Hamas e della Jihad Islamica. Nonostante le aperture nei confronti dei due regimi, e la chiara volontà di trovare un accordo a tavolino espressa in diversi modi e circostanze da Stati Uniti ed Europa, le dichiarazioni con cui Assad e Ahmadinejad hanno celebrato il loro incontro sono tutt’altro che rassicuranti e conciliatorie verso l’Occidente e Israele.

Il presidente iraniano ha anzitutto voluto sottolineare come le relazioni tra Damasco e Teheran “si stanno approfondendo e sviluppando a vari livelli”, e ciò a dispetto dei tentativi occidentali di allontanare la Siria dall’Iran. Sul fronte geopolitico mediorientale, l’identità di vedute resta assoluta. “La situazione della regione sta rapidamente cambiando, in accordo con gli obiettivi dell’Iran e della Siria”, ha dichiarato Ahmadinejad: “I nemici della regione, che in passato hanno parlato con arroganza ed hanno insultato la Siria e l’Iran, si trovano ora in una posizione di debolezza”. Una situazione che, sempre secondo il presidente iraniano, porterà alla costituzione di “un nuovo ordine mondiale” contro gli “inumani valori occidentali”: “Oggi è la strada dell’umanità e del divino la giusta via per aprire le porte dell’umanità”. Declinando i toni mistici in una visione storica e politica, Ahmadinejad ha chiarito poi che a decadere sono “la filosofia e l’ordine emersi dopo la Seconda Guerra Mondiale”. Una decadenza capace di annullare la leadership morale e politica dell’Occidente.

Quello che appare come un manifesto politico e culturale è stato sposato integralmente dalla Siria. Commentando l’incontro tra Ahmadinejad e Assad, il quotidiano “Teshreen” ha sottolineato come Teheran e Damasco diventeranno sempre più i punti di riferimento dell’intera regione mediorientale; sulle stesse pagine, l’ex premier libanese Nasser Qandil – vicino al regime di Assad – ha salutato l’incontro tra i due leader come “una testimonianza della forza delle leadership siriana e iraniana”, destinate a dar vita “ad un nuovo ordine regionale sotto la loro influenza”. L’asse Teheran-Damasco sembra poggiare su basi solide: secondo Ahmadinejad, l’alleanza “senza limiti” tra i due Paesi diverrà “un esempio per la regione e per il mondo”. Un’ipotesi suffragata con parole simili dallo stesso Bashar al-Assad.

Ma il piano strategico di Teheran e Damasco non si ferma ad un accordo bilaterale. Ahmadinejad e Assad hanno sottolineato l’importanza di una partnership con altri protagonisti della regione, tra cui l’Iraq: “Assad, il primo ministro iracheno Maliki ed io – ha dichiarato Ahmadinejad – vorremmo sostenere progetti comuni nell’area del gas, del petrolio e dei trasporti”. L’Iran e la Siria, nel quadro di accordi economici con Bagdad, lavorerebbero anche per garantire la stabilità interna dell’Iraq e del suo governo: “Ahmadinejad ed io – ha confermato Assad – crediamo che sia necessario supportare l’attuale governo iracheno, favorendo la riconciliazione tra le varie frange della popolazione”. Fondamentale, in questo senso, sarebbe poi il ruolo della Turchia: la collaborazione di Ankara, ha rassicurato Assad, è già stata garantita dal presidente turco Abdullah Gul nel corso dell’ultima visita ufficiale a Damasco.

A legare Siria e Iran – oltre ai già citati progetti geopolitici ed economici – è infine il sostegno al popolo palestinese contro Israele. Un tema, questo, molto caro al presidente iraniano, nemico giurato del “regime sionista”: “Oggi – ha dichiarato Ahmadinejad con una metafora – il regime sionista, che è vicino alla sua fine, sta cominciando ad urlare come chi ha paura del buio”. Definito per anni come invincibile, oggi Israele “non fa più paura neppure ai nostri bambini” e “non viene più riconosciuto dalle persone con un minimo di sensibilità”. Da qui l’alleanza tra Siria e Iran a sostegno della resistenza palestinese, una posizione che secondo il quotidiano “Teshreen” prova come “i due Paesi siano allineati nella comprensione di questo nemico, dei suoi piani e dei suoi obiettivi”.

A destare preoccupazione negli ambienti israeliani non sono però le affermazioni di Assad ed Ahmadinejad: l’alleanza tra i due Paesi non è certo un mistero, e in passato il presidente iraniano ha dichiarato anche di peggio. A preoccupare la leadership israeliana (e buona parte degli analisti) è piuttosto la posizione dell’amministrazione Obama, che a fronte di un evidente spostamento di Damasco sulle posizioni estremiste di Ahmadinejad ricerca una collaborazione con Assad per risolvere i problemi dell’Iraq e del conflitto israelo-palestinese. Nelle prossime settimane, secondo il “Washington Post”, una delegazione comandanti militari americani visterà Damasco proprio per discutere di questi temi; entro giugno, poi, anche l’inviato di Obama in Medio Oriente, George J. Mitchell, potrebbe fare visita ad Assad.

Oltre che potenzialmente pericolosa, la ricerca di un supporto siriano rischia di indebolire la posizione di forza negoziale degli Stati Uniti sul piano internazionale. In questo senso vanno lette alcune dichiarazioni di Ahmadinejad, rese sempre in seguito all’incontro con Assad: “Chi per anni ha domandato che l’Iran e la Siria smettessero di combattere per i loro diritti e quelli della regione, ora chiedono esplicitamente l’aiuto della Siria e dell’Iran”, ha detto il presidente iraniano. E il riferimento è chiaramente al cambio di strategia della leadership americana: “Gli stessi che hanno descritto l’Iran e la Siria come un ‘Asse del male’ ora vanno in cerca di relazioni con entrambi i paesi: non hanno una strategia sensata per risolvere i problemi della Palestina, dell’Afghanistan e di altre regioni del mondo”. Per Ahmadinejad non ci sono dubbi: “Questa è una grande vittoria”, la prima di una lunga serie.

L'Occidentale