12 giugno 2009

Libertà (di far quel che gli va)

Con la consueta leggerezza ed intelligenza, Massimo Gramellini ci dà il "Buongiorno" parlando di Gheddafi. Abbiamo esagerato? Oh yes!

D'accordo: ha la pompa di benzina dalla parte del manico ed è un amico caro del Cavaliere, al quale in certe cose assomiglia (aspetto da eterno giovane e maggiore considerazione per le amazzoni che per i partiti). Inoltre il vestito di Michael Jackson con cui è sceso dall'aereo l'altra mattina era semplicemente spettacolare. Però un po’ se ne approfitta, il sor Gheddafi. Non che pensassimo che la recente svolta buonista lo avesse trasformato in un epigono di Gandhi. Né che il suo amore per il palcoscenico potesse esimerlo dal cambiarsi d'abito cinque volte al giorno, accumulando ritardi sul programma come un accelerato Bolzano-Reggio Calabria. Ma insomma, un briciolo di riconoscenza in più ce la saremmo aspettata. Se non per il nostro pentimento, per l'assoluta mancanza di colonna vertebrale con cui abbiamo accolto le sue comparsate.

E' arrivato con la foto di un martire incollata sulla giacca come un rimorso e nessuno ha fiatato. Al Senato ha inneggiato a piazzale Loreto e paragonato gli Usa di Reagan a Bin Laden, e lì almeno Frattini si è dissociato. Poi è andato alla Sapienza, dove non lasciarono parlare il Papa, e invece a lui hanno permesso di dire, senza contraddittorio, che i libri di storia sono pieni di falsità e che un giorno anche noi, forse, conosceremo la democrazia. Ce ne ha fornito un assaggio affacciandosi dal balcone del Campidoglio, non troppo distante da quello di Mussolini, per proporre l'abolizione dei partiti e la loro sostituzione con il Popolo, un simpatico signore che di nome fa Muhammar.

Massimo Gramellini
(C) La Stampa