25 novembre 2009

Per la Casa Bianca è ora di decidere che strategia adottare in Afghanistan

Il dado è tratto. Sulla spinosa questione dell’Afghanistan, Obama sembra giunto ad una conclusione. “Al termine dell’ultima riunione – ha dichiarato ieri il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs – il presidente ha ottenuto tutte le informazioni necessarie per prendere un decisione definitiva, che sarà annunciata nei prossimi giorni”. Dopo profonde riflessioni, l’amministrazione americana spiegherà allora ai suoi cittadini (e al mondo) come intende muoversi in Afghanistan: verranno inviate nuove truppe, come chiede il generale McChrystal? Sarà prevista una exit strategy con scadenze certe? Come verrà finanziata la guerra?

È presto per rispondere, ma i due maggiori quotidiani americani – “Washington Post” e “New York Times” – concordano: secondo funzionari dell’amministrazione, Obama avrebbe deciso di andare incontro alle istanze del suo generale inviando in Afghanistan tra i 20.000 e i 40.000 nuovi soldati, che andrebbero a sommarsi ai 68.000 già presenti sul territorio. Decisiva è stata la riunione di lunedì sera con i consiglieri per la sicurezza nazionale e il generale McChrystal, in collegamento da Kabul: nel corso dell’incontro, durato circa due ore, Obama sarebbe stato definitivamente rassicurato sulle questioni che aveva posto a fronte delle quattro possibili strategie elaborate nei mesi passati dagli esperti dell’amministrazione.

In attesa di vedere confermate le indiscrezioni giornalistiche, per la Casa Bianca si pone ora un problema di comunicazione. Il presidente – il cui gradimento, a causa della contestata riforma sanitaria in discussione al senato, è sceso sotto il 50 per cento - si trova infatti a dover annunciare un aumento delle truppe (e delle spese) ad una popolazione sempre più stanca di Afghanistan e Iraq. Come e quando farlo? La data più probabile è il 1° dicembre: il discorso – che dovrebbe contenere anche una chiara indicazione di exit strategy – potrebbe essere il primo speech dell’era Obama ad essere trasmesso in diretta dalla stanza ovale. A seguire, il generale McChrystal e l’ambasciatore Karl W. Eikenberry interverrebbero al Congresso per argomentare e sostenere la decisione del presidente.

A favorire Obama in un passaggio tanto delicato della sua presidenza – oltre alla sua retorica – concorre però il fatto che sin dalla sua discesa in campo l’ex senatore dell’Illinois si è detto a favore dell’intervento afgano. Nel discorso alla nazione, allora, Obama potrebbe riprendere quella distinzione tra guerra giusta (Afghanistan) e ingiusta (Iraq) che ha caratterizzato la sua campagna elettorale e i primi mesi di presidenza. Ancora ad agosto, intervenendo ad una convention di veterani di guerra, il neopresidente aveva del resto ricordato che “questa non è una guerra per scelta, è una guerra per necessità”: e dovendo combattere, è bene farlo con tutte le proprie forze.

Ma oltre alle possibili ripercussioni sul gradimento della sua presidenza, Obama dovrà guardarsi anche dai compagni di partito e dagli americani più ricchi. Molti democratici, infatti, sono nettamente contrari a un incremento delle truppe: David R. Obey, ad esempio, ha confidato all’ABC di essere preoccupato che le spese militari possano pesare sui bilanci frenando la ripresa economica. I “ricchi”, già scontenti della riforma sanitaria, temono invece che possa essere istituita una nuova tassa per finanziare l’impegno militare afgano: battezzata “pay as you fight” dalla rivista online “Politico”, l’ipotesi è tutt’altro che irrealistica. E un aumento della tassazione, dopo aver annunciato la riforma della sanità pubblica ed aver impegnato nuove truppe in Afghanistan, potrebbe definitivamente allontanare molti centristi che avevano sostenuto Obama alle elezioni del 2008.

L'Occidentale