02 marzo 2010

Escluse anche le liste di Formigoni. Che fine ha fatto il popolo sovrano?

Dopo la mancata presentazione della lista Pdl a Roma e provincia, pensavamo di aver visto tutto. Ma le elezioni regionali 2010 riservano ancora sorprese: ieri pomeriggio, infatti, la Corte di Appello di Milano ha respinto la lista “Per la Lombardia” di Roberto Formigoni. In seguito al ricorso presentato da Lorenzo Lipparini, accompagnato da Marco Cappato a nome della lista Bonino-Pannella, i giudici hanno decretato l’invalidità di centinaia di firme a sostegno del governatore uscente: su 3.935 nominativi, 514 non possono essere conteggiati. “Tra le firme della lista Formigoni mancano timbri, luoghi degli autenticatori, date, requisiti sostanziali senza i quali quelle firme non sono valide”, spiega Cappato: “Ora faranno ricorso, hanno 24 ore di tempo per farlo – continua il leader radicale – ma ci sono altre irregolarità che io credo metteranno fuori dalla competizione la lista di Formigoni e tutte quelle ad esso collegate”.

Al netto delle 514 firme invalidate, la lista Formigoni può contare su 3.421 sottoscrizioni a fronte delle 3.500 imposte dalla legge. Cappato e Lipperini, che ieri mattina alle 8.30 hanno depositato il ricorso in tribunale, avevano sollevato lo stesso problema (“insufficienza delle firme dei sottoscrittori”) anche per la lista “Penati Presidente”, legata al candidato del Partito Democratico: in questo caso, però, la Corte non ha riscontrato irregolarità tali da giustificare un respingimento (le firme presentate, infatti, sono 3.795 e le irregolarità certificate solo 173). Ma la validità delle sottoscrizioni, in Lombardia, non è l’unico motivo di attrito tra i Radicali e Formigoni: Cappato, infatti, aveva già annunciato ricorso al Tar sostenendo l’ineleggibilità del governatore uscente per un terzo mandato. Il responso, in questo caso, dovrebbe arrivare qualche settimana dopo il voto.

Se qualcosa in queste ore accomuna gli elettori lombardi e laziali, è il disorientamento. Fino a qualche giorno fa, i candidati alla poltrona di governatore erano sette: Roberto Formigoni, sostenuto da Pdl e Lega; Savino Pezzotta, ex-leader della Cisl candidato dall’Udc; Filippo Penati, già presidente della provincia di Milano e candidato del Pd; Marco Cappato, esponente della lista Bonino-Pannella; Vittorio Agnoletto, che rappresenta la Federazione della Sinistra; Vito Crimi, candidato dal grillino Movimento cinque Stelle; Gianmario Invernizzi, esponente di Forza Nuova. A sparigliare le carte è giunta però la Corte d’Appello, incaricata di certificare la validità delle sottoscrizioni presentate dalle singole liste.

Dopo un primo conteggio, i giudici hanno respinto la candidatura dello stesso Cappato – in quanto “la lista Bonino-Pannella risulta presentata da un numero non idoneo di iscritti” – e, per gli stessi motivi, “La Destra” di Francesco Storace. Ieri, infine, è stato il turno della lista “Per la Lombardia” di Formigoni, che avrà tempo fino alle 14.00 di oggi per presentare ricorso formale: Paolo Valentini, consigliere regionale e capogruppo del Pdl, spiega di aver “verificato quali sono le irregolarità per capire come impostare il ricorso”. Tra gli sfidanti di Formigoni, il primo commento viene da Savino Pezzotta: “Il Pdl faccia i suoi ricorsi: io preferisco una competizione dove si cerca di ottenere voto per voto”, ha detto il candidato dell’Udc, “però noi abbiamo rispettato le regole e la legge vale per tutti”.

Pdl e Lega, intanto, si preparano alle prossime mosse: bisogna agire in fretta, evitando passi falsi. Ignazio Abrignani, responsabile elettorale del Pdl, rassicura gli elettori: “La legge prevede che i certificati possano essere sanati e la questione verrà risolta”, parole simili a quelle spese dal leghista Roberto Calderoli. A preoccupare, però, è quanto sostenuto da Cappato nel corso di un’intervista a Radio24: allo stato attuale, ha spiegato l’ex-candidato della lista Bonino-Pannella, “il listino deve cadere e devono cadere tutte le liste di coalizione perchè a quel punto non hanno più il candidato presidente e il listino a cui essere collegati”. Se le cose dovessero andare così – ma sono in pochi a crederlo – le elezioni lombarde sarebbero ancora più paradossali di quelle laziali, in quanto il centrodestra perderebbe insieme liste e candidato.

Una cosa è chiara: mai come in questa tornata elettorale le verifiche dei tribunali – dal Lazio alla Lombardia – sono state (e saranno) determinanti nella definizione dei simboli che compariranno sulle schede elettorali. A Milano e in regione, i pronunciamenti della Corte d’Appello contro la lista di Formigoni hanno acceso i riflettori su una campagna elettorale che, fino a qualche giorno fa, sembrava avere ben poco da dire: la Lombardia, infatti, è una roccaforte del centrodestra e della Lega, e in pochi credono che il centrosinistra possa superare il consenso di Pdl e Lega. A differenza di regioni vicine come Piemonte e Liguria – dove il risultato è appeso a un filo – in Lombardia ci si può al massimo chiedere se Bossi riuscirà a strappare altri voti al Pdl, o se sia stata una buona idea candidare l’igienista dentale del Nicole Minetti: sulla sconfitta di Formigoni, però, nessuno sarebbe davvero pronto a scommettere. Sempre che a fine marzo non accada un altro imprevisto e il governatore azzurro risulti ancora candidato al Pirellone.

L'Occidentale