30 luglio 2010

Immigrazione, Obama vince il primo round con l'Arizona

In attesa di un verdetto definitivo, alcune parti della legge SB1070 - quelle più controverse - devono essere accantonate. A scriverlo, in un documento di 36 pagine, è il giudice federale Susan R. Bolton: nominata dal presidente Bill Clinton nel 2000, la Bolton ha studiato per tre settimane il testo dell’ormai celebre legge sull’immigrazione promossa dall’Arizona lo scorso 20 aprile, per poi accogliere - a poche ore dall’entrata in vigore del dispositivo - alcuni dei rilievi mossi dal Dipartimento di Giustizia statunitense. Da un lato il presidente degli Stati Uniti e svariate associazioni per i diritti civili, dall’altro lo Stato dell’Arizona: un vincitore definitivo ancora non c’è, ma l’amministrazione Obama - che considera la legge discriminatoria e incostituzionale, in quanto lesiva dei poteri del governo centrale - si porta a casa la prima battaglia.

Le misure messe in stand-by dal giudice federale - secondo quanto si legge nel dispositivo pubblicato dalla corte il 28 luglio - sono quelle maggiormente dibattute nei mesi passati, a partire dall’obbligo per la polizia di fermare sospetti clandestini e gli immigrati che non hanno con sé i documenti. Secondo la Bolton, non è possibile chiedere il passaporto ai passanti basandosi semplicemente “sul ragionevole sospetto”: è molto probabile, continua il giudice, “che la polizia finisca per arrestare anche cittadini con il permesso di residenza”, senza contare che “con questa iniziativa l'Arizona finirebbe per imporre uno straordinario e raro onere agli immigrati legali, un onere che solo il governo federale ha facoltà di imporre”. Soddisfatto il Dipartimento di Giustizia, che continuerà a impegnarsi “per portare a termine una riforma organica dell'immigrazione al livello federale”.

Molto duro il commento dei senatori repubblicani John McCain e Jon Kyl: “Anziché spendere i soldi dei contribuenti per intraprendere un’azione legale contro l’Arizona, l’amministrazione Obama avrebbe dovuto lavorare con il Congresso per fornire le risorse necessarie a sostegno di uno Stato che cerca di agire in un campo in cui il governo ha fallito”. Joe Arpaio, lo sceriffo della contea di Maricopa divenuto un simbolo vivente della legge sull’immigrazione, non se la prende: “Per noi non cambia nulla - spiega a Massimo Gaggi del “Corriere della Sera” - Chi vuole combattere l’immigrazione illegale, come facciamo in questa contea da tre anni, può continuare tranquillamente a farlo. Io ho già preparato le nuove carceri: tende nel deserto, dove la temperatura può arrivare fino a cinquanta gradi”.

Per conoscere il destino della SB1070 bisognerà aspettare ancora qualche settimana, quando la corte emanerà un verdetto definitivo. Ma la governatrice repubblicana dell’Arizona Jan Brewer, grande sostenitrice e firmataria della legge, preannuncia già un possibile ricorso alla Corte Suprema. E gli elettori sono con lei: secondo un sondaggio condotto il 23 luglio da Rasmussen su un campione di 1.200 intervistati, il 65% dei cittadini dell’Arizona esprime gradimento per la legge, e il 69% chiede a Obama di inviare ulteriori truppe per controllare i confini con il Messico. A inizio luglio, Rasmussen aveva inoltre rilevato come il 56% degli americani fosse contrario al ricorso presentato dal Dipartimento di Giustizia contro l’Arizona, e il 61% fosse favorevole alla promulgazione di una legge simile alla SB1070 nel proprio Stato di residenza.

E se l’86% degli americani crede che l’immigrazione sarà un tema molto importante in vista delle elezioni di mid-term, si capisce come l’esperienza dell’Arizona scuota gli spin doctor di Obama. L’abrogazione definitiva della legge soddisferebbe molti elettori latini, scontenti di come il governo ha trattato la questione degli immigrati, alienando però a Obama la simpatia degli elettori centristi, che lo hanno sostenuto con convinzione nella corsa presidenziale. E mentre i giornali liberal, “New York Times” in testa, plaudono alla parziale sentenza della Bolton, il corrispondente della CNN Ed Henry dà voce sul suo blog alla preoccupazione dei collaboratori del presidente, convinti che la campagna elettorale d’autunno debba giocarsi sul lavoro e sull’economia. La speranza, al di là del verdetto definitivo, è che l’immigrazione non torni a scaldare gli animi e le piazze alla fine dell’estate, quando gli elettori decideranno a chi dare il proprio voto.

L'Occidentale