05 ottobre 2010

Christian Rocca / “Sulle strade di Barney”, Bompiani 2010

“La versione di Barney”, capolavoro dello scrittore canadese Mordecai Richler, è un libro di culto per migliaia di lettori italiani. Uscito in sordina nell’autunno del 2000 presso Adelphi, il romanzo viene recensito positivamente dai critici Antonio D’Orrico e Mariarosa Mancuso, colpiti dalla grandezza dell’eroe-protagonista Barney Panofsky. Qualche mese dopo - su consiglio di Mattia Feltri e Christian Rocca - il libro finisce nelle mani di Giuliano Ferrara, che dà il via a una folle campagna giornalistico-letteraria: giorno dopo giorno “Il Foglio” pubblica notizie riguardanti l’autore, estratti del romanzo, fotografie di Richler e perfino una rubrica quotidiana, “Andrea’s Version”, che ancora oggi compare puntualmente sulla prima pagina del giornale.

Scoppia così la Barney-mania: il libro macina copie su copie, mentre in Canada - dove il romanzo più famoso di Richler resta “L’apprendistato di Duddy Kravitz” - ci si chiede il perché di tanto amore italiano per un produttore ebreo di Montréal, alle prese con le insinuazioni di un nemico invidioso, con l’amore mai sopito per la terza moglie e con l’avanzare dell’Alzheimer. Per fare un po’ di chiarezza - e in attesa di vedere il film tratto dalla “Versione”, presentato al Festival del Cinema di Venezia - Bompiani manda in libreria “Sulle strade di Barney” di Christian Rocca, inviato del “Sole 24 Ore” e protagonista (nel 2002) di un viaggio in Canada per conto del “Foglio”, sulle orme dello scrittore scomparso un anno prima.

“Non ho mai incontrato Mordecai Richler - spiega Rocca - eppure mi sembra di averci fatto il militare insieme”. In Canada, il giornalista ha parlato con tutti gli amici e i familiari di Richler, ha mangiato dove mangiava Richler, ha bevuto dove beveva Richler, ha dormito dove dormiva Richler; negli ultimi dieci anni, poi, ha letto tutto quanto sia stato pubblicato da e sul conto di Richler. La bella notizia è che il risultato di tanta passione è quanto di più lontano ci sia da una biografia tradizionale: Rocca alterna aneddoti, riflessioni e testimonianze per realizzare un saggio che sarebbe piaciuto moltissimo a Mordecai, e - io credo - anche a Barney Panofsky.

A guidare l’autore sulle strade di Montréal è una domanda fondamentale, filo conduttore di tutto il viaggio: Mordecai Richler e Barney Panofsky sono la stessa persona? In altri termini, “La versione di Barney” è un romanzo autobiografico? Mordecai giurava di no: “Ero Barney mentre lo scrivevo, ma non prima né dopo”. Eppure, pagina dopo pagina, Rocca si convince del contrario: “Tutti quelli con cui ho parlato mi hanno detto che Barney Panofsky non è Mordecai Richler”, osserva il giornalista, “ma quando ad amici e parenti ho chiesto di parlarmi di Richler, me l’hanno descritto uguale identico a Barney”, dal “tipo di battute che faceva ai posti che frequentava”.

“Sulle strade di Barney” racconta episodi esilaranti della vita di Richler, dal duello con Philip Roth “a chi avesse avuto il coraggio di dire più oscenità nel bel mezzo di una cena” alla disperata ricerca di un bicchiere di whisky a Gerusalemme: l’esperienza, racconta l’autore, convinse Mordecai che “se a questi aprissero qualche bar, non gli verrebbe certo voglia di andar fuori a combattere”. Sono solo due tasselli di un puzzle che ritrae un uomo estremamente intelligente, e uno scrittore - eclettico, irriverente e irresistibile - di cui sentiamo incredibilmente la mancanza. A Christian Rocca il merito di aver riempito, almeno per un po’, questo vuoto.

Christian Rocca, “Sulle strade di Barney”, Bompiani 2010
Pagine 202, € 10,50

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