26 aprile 2011

Vita e avventure di Torelli Viollier, l’uomo che inventò il Corriere della Sera

Lei sa la differenza fra un piccolo e un grande giornale? Il grande giornale è quello che pubblica anche le notizie che dispiacciono. S’intende, la notizia che ci dispiace la si commenta come più ci piace.
- Eugenio Torelli Viollier

Cuore della sede del “Corriere della Sera” in via Solferino è la sala Luigi Albertini, dedicata al direttore che nel giro di venticinque anni – dal 1900 al 1925 – ha reso il quotidiano milanese uno dei più prestigiosi organi d’informazione europei. Di fronte alla grandezza del giornalista marchigiano, giustamente celebrato dagli storici della materia, col tempo si è persa però traccia di un altro protagonista della vita del giornale: il padre fondatore Eugenio Torelli Viollier. Per colmare questa lacuna, Massimo Nava ha scritto un libro – “Il garibaldino che fece il Corriere della Sera” – che rientra perfettamente nel clima delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Italia unita.

L’autore, editorialista del “Corriere” di stanza a Parigi, racconta la vita di Torelli Viollier come fosse un romanzo, basandosi però su rigorose ricerche storiche: “I fatti raccontati sono realmente accaduti”, scrive Nava in apertura, mentre “per gli episodi incerti o controversi l’autore ha interpretato liberamente testimonianze di protagonisti e articoli dell’epoca”.

La prima parte del libro è dedicata al giovane Eugenio degli anni napoletani. Nato nella città partenopea il 26 marzo 1842, Torelli Viollier sente presto il richiamo dell’avventura: prima si arruola tra le fila dei Cacciatori irpini, dando così il suo contributo alla causa risorgimentale, poi diventa l’assistente personale dello scrittore francese Alexandre Dumas, per il quale traduce e scrive articoli nelle stanze del quotidiano “L’indipendente”. Quello con Dumas è uno di quegli incontri che cambiano la vita per sempre: Torelli vuole scrivere e vivere una vita avventurosa. In altre parole, vuole fare il giornalista.

Dopo aver fatto pratica presso futuri concorrenti, tra cui “Il secolo” di Sonzogno, nel 1876 Eugenio mette insieme qualche collaboratore fidato e racimola un capitale minimo: nasce così, in una stanzetta buia in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, il “Corriere della Sera”. Per la vita di Torelli l’evento è uno spartiacque: dopo anni di avventure in giro per il mondo, da Napoli a Parigi, ora l’ex-combattente dei Cacciatori irpini è a capo di un quotidiano liberalconservatore che, contro ogni previsione, diventa un punto di riferimento imprescindibile per il giornalismo italiano di fine Ottocento. Il successo professionale, insidiato da invidie e rancori dei concorrenti, è però affiancato da una vita privata piena di dolori – un matrimonio fallito, una nipote suicida, la depressione, i problemi alla vista – e allietata solo da soggiorni solitari in una bella villa sul lago di Como.

Alla fine della storia, che si legge tutta d’un fiato, viene voglia di ringraziare Massimo Nava. Prima di tutto per aver ricostruito non solo vita e avventure di uomo ingiustamente dimenticato, ma anche per aver rievocato il clima fantastico che si respirava a Milano e Parigi sul finire del diciannovesimo secolo, quando futuro e modernità sembravano davvero a portata di mano. In secondo luogo non possiamo che apprezzare la sua dedica “ai giovani giornalisti”: in un momento di grande incertezza sul futuro dell’informazione cartacea e digitale, è davvero una buona idea imparare qualcosa da un gentiluomo ottocentesco che ha inventato il “Corriere della Sera”.

Massimo Nava
Il garibaldino che fece il Corriere della Sera
Rizzoli, 2011 - pp. 288, euro 19,50

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