24 maggio 2011

Giornalismo/ Un viaggio nel futuro tra scimmie e hacker buoni

Una macchina della verità applicata alle dichiarazioni dei politici, per smascherare menzogne e promesse non mantenute. Un’agenzia di stampa su Twitter, gestita da ragazzini poco più che ventenni, in grado di battere sul tempo i colossi dell’informazione mondiale. Un software che scrive cronache sportive meglio di reporter in carne ed ossa. Un programma per monitorare in tempo reale guerre e tragedie dimenticate, sfruttando le testimonianze delle vittime. Un sito ormai celebre, Wikileaks, che fa della trasparenza la sua stella polare. Un’isola in bancarotta, l’Islanda, pronta a diventare un paradiso della libera informazione. Un designer polacco che ancora crede nella bellezza dei quotidiani di carta. Hacker buoni assoldati dai più grandi quotidiani statunitensi per provare ad immaginare il giornalismo che verrà.

Benvenuti nel futuro dell’informazione. Le storie raccontate da Nicola Bruno e Raffaele Mastrolonardo in “La scimmia che vinse il Pulitzer” (Bruno Mondadori, 2011) vorrebbero smentire, almeno in parte, le Cassandre che da anni vanno predicando la morte del giornalismo. Tra il 2009 e il 2010 gli autori hanno compiuto un lungo viaggio tra Europa e Stati Uniti, incontrando personaggi che hanno saputo guardare oltre la crisi dell’informazione: il morale della favola è che di giornalisti ci sarà sempre bisogno, anche se il loro lavoro – in questi anni cruciali per il futuro dell’editoria – è destinato a cambiare molto velocemente.

Le storie raccolte da Bruno e Mastrolonardo sono delle più disparate. Dopo aver letto il primo capitolo, probabilmente un italiano sognerà di applicare PolitiFact – il sito inventato dal reporter Bill Adair per sbugiardare i politici – al chiacchiericcio ormai indistinto dei talk-show nostrani. Altri resteranno invece a bocca aperta di fronte alle potenzialità di Stats Monkey: la “scimmia” che dà il titolo al libro è un software di stanza a Chicago, in grado di scrivere cronache delle partite di baseball in ottimo inglese (e con incipit più accattivanti di quelli scelti da reporter in carne ed ossa). I più idealisti troveranno invece un punto di riferimento in Julian Assange, intervistato dagli autori prima che Wikileaks diventasse un fenomeno globale, e in una parlamentare islandese che – mettendo insieme le legislazioni più progressiste in termini di informazione – farà della piccola isola europea un paradiso per giornali e giornalisti di tutto il mondo.

Secondo agli autori le storie qui raccontate permettono di applicare al giornalismo la celebre massima di Mark Twain: “La notizia della mia morte è stata ampiamente esagerata”. Certo, di questi tempi dentro e fuori dalle redazioni nessuno se la passa bene: guardando al futuro con gli occhi di questi visionari, però, è abbastanza chiaro che giornali e giornalisti non scompariranno mai. E che il loro compito – cercare, verificare e raccontare le notizie – resterà sempre lo stesso, al di là degli strumenti tecnologici con cui si troveranno ad interagire.

N. Bruno e R. Mastrolonardo, La scimmia che vinse il Pulitzer, Bruno Mondadori, 2011
pp. 192, € 16

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