11 settembre 2011

Dieci anni dopo/ Raccontare il terrore



Dopo la sorpresa e l’orrore, il bisogno di raccontare quella giornata e i mesi che hanno seguito il crollo delle Twin Towers. Sono molti, negli ultimi dieci anni, gli artisti che hanno provato a dare un significato all’11 settembre: alcuni hanno scritto un romanzo, altri hanno scelto la macchina da presa o uno spartito musicale. Abbiamo provato a fare un po’ di ordine, pescando quelli che ci sembrano il miglior libro, film e canzone dedicati al più grande attacco terroristico della storia. Si tratta, naturalmente, di una selezione parziale e personale: ai lettori, se vorranno, il compito di integrarla con i propri suggerimenti.

Un libro. “E inventare dei grattacieli per i morti, costruiti verso il basso? Potrebbero star sotto i grattacieli per i vivi, che sono costruiti verso l’alto. Si potrebbe seppellire la gente cento piani nella terra, e ci sarebbe tutto un mondo morto sotto quello vivo”. I grattacieli per i morti sono uno dei tanti progetti partoriti dalla fervida immaginazione di Oskar Shell, 9 anni, orfano di padre morto a New York la mattina dell’11 settembre 2001. Oskar è il protagonista del secondo romanzo di Joanthan Safran Foer, "Molto forte, incredibilmente vicino": dopo aver affrontato l’Olocausto in “Ogni cosa è illuminata”, nel 2005 lo scrittore torna in libreria con un storia ambientata nel cuore ferito della Grande Mela, alle prese con i traumi e le nevrosi provocate dal crollo delle Twin Towers.

Un giorno, esplorando la propria casa di nascosto dalla madre, il piccolo Oskar trova una busta nascosta in un vaso. Fuori c’è scritto “Black”, dentro c’è una chiave: cosa significa? Quale serratura aprirà? Deciso a trovare una risposta, il ragazzo vaga per le strade di New York guidato dall’elenco telefonico della città (che contiene tanti, troppi, Mr. e Mrs. Black). Sul suo percorso Oskar incontra diversi personaggi, ognuno con i suoi traumi e i suoi segreti, fin quando il presente narrativo scivola nel passato dei nonni, a Dresda, tra gli orrori della seconda guerra mondiale. Alla fine, in qualche modo, il ragazzino e i suoi compagni d’avventura troveranno un nuovo equilibrio per fronteggiare il vuoto degli affetti evaporati insieme alla polvere di Ground Zero.

È possibile raccontare l’11 settembre? E se sì, come farlo? Alcuni scrittori hanno rinunciato in partenza, altri hanno accettato la sfida: di romanzi e grapich novel sulla strage di New York ne sono usciti molti, e altri seguiranno. Safran Foer, però, è stato il primo a capire che di fronte al crollo delle Twin Towers i classici strumenti della narrativa non erano sufficienti: da qui la scelta di un protagonista memorabile, con un punto di vista tutto suo, e l’inserto di fotografie e documenti che fanno di “Molto forte, incredibilmente vicino” una sorta di libro multimediale. Una scommessa vinta, da cui verrà presto tratto un film con Sandra Bullock, Tom Hanks e Thomas Horn nei panni del piccolo Oskar.

Un film. A proposito di cinema, anche il miglior film sull’11 settembre lascia il crollo delle torri in secondo piano per soffermarsi sull’inferno quotidiano dei sopravvissuti. Se nel 2006 Oliver Stone e Paul Greengrass – autori rispettivamente di “World Trade Center” e “United 93” – affrontano di petto le ore concitate dell’attacco terroristico, un anno più tardi Mike Binder preferisce raccontare la storia di Charlie Fineman, un dentista che ha perso moglie e figlie su uno dei voli dirottati.

All’inizio del film di Binder – "Reign Over Me" (USA 2007, 124’) – Charlie è un uomo intrappolato in un mondo tutto suo, sospeso tra partite alla PlayStation e una maniacale collezione di dischi. Un giorno, però, Charlie incontra per caso un vecchio amico del tempo del college, Alan Johnson: dentista a sua volta, sposato con due figlie, Alan vive serenamente le sue giornate finché non torna a frequentare Charlie, il nuovo Charlie post 11 settembre. Il film di Binder racconta come il tempo trascorso insieme dai due amici abbia un effetto terapeutico per entrambi: il protagonista farà finalmente i conti con un lutto gravissimo (e con i genitori della moglie scomparsa), mentre Alan scoprirà che in fondo anche la sua vita non è poi così perfetta.

Insieme a soggetto e sceneggiatura, a rendere “Reign Over Me” il miglior film sull’11 settembre è senza dubbio la colonna sonora, impeccabile nel tratteggiare lo stato d’animo dei personaggi. Il titolo stesso della pellicola è ripreso da un pezzo degli Who contenuto nell’album “Quadrophenia”: più che di una canzone per Charlie si tratta di una medicina, l’unica in grado di scacciare il ricordo dei suoi cari con la forza dei decibel sparati in cuffia.

Una canzone. In ambito musicale è però Bruce Springsteen l’artista che più ha contribuito a scrivere una colonna sonora per la Grande Mela ferita. Il 17 dicembre 2000 il Boss presenta una nuova canzone nel corso di uno show volto al recupero di Asbury Park, New Jersey: ridente località di villeggiatura tra Otto e Novecento, la città era stata duramente colpita dalla Grande Depressione, senza più riprendersi. Tanto le strofe quanto il titolo del pezzo, “My City of Ruins”, descrivono lo stato di abbandono del luogo: “C’è un cerchio rosso di sangue / Sulla terra fredda e scura / E la pioggia sta cadendo” attacca il Boss, per soffermarsi poi su una chiesa senza più fedeli e sulle strade vuote, desolate. Nella seconda parte, la canzone cresce d’intensità e diventa una preghiera per il futuro: Springsteen chiede al Signore la forza necessaria perché la città possa rialzarsi, tornando agli antichi splendori.

Pochi mesi dopo, a cambiare definitivamente i connotati della canzone, ci pensa la Storia. L’11 settembre 2001 due aerei di linea abbattono le Torri Gemelli: quando cala il buio, Lower Manhattan sembra una città fantasma, sepolta dalla polvere. E i versi di Springsteen – profetici, se vogliamo – tornano di grande attualità.

La consacrazione definitiva a pezzo simbolo dell’11 settembre arriva dieci giorni dopo gli attentati, nel corso del concerto benefico “America: A Tribute To Heroes” organizzato da George Clooney e Joel Gallen. La serata, trasmessa dai principali network televisivi per raccogliere fondi a favore dei familiari delle vittime dell’11 settembre, è un vero successo che vede in Springsteen il protagonista assoluto. Il Boss canta “My City of Ruins”, presentandola come “una preghiera per i nostri fratelli e sorelle che sono caduti”: ad accompagnarlo sul palco c’è un coro di voci femminili, che rende la canzone ancora più solenne. Il risultato è una performance eccezionale: difficile non commuoversi, anche a dieci anni di distanza.

ilDemocratico.com