Il gabinetto di Sicurezza israeliano ha dichiarato la Striscia di Gaza "entità nemica". La decisione, presa all'unanimità, è stata immediatamente rilanciata da tutte le agenzie di stampa: "Hamas è un'organizzazione terroristica che ha preso il controllo della Striscia di Gaza e l'ha resa territorio ostile. Questa organizzazione - continua il comunicato ufficiale - è impegnata in un'attività ostile contro lo Stato d'Israele e i suoi cittadini, ed è responsabile di queste azioni". Il Governo israeliano ha deciso di seguire le indicazioni della Difesa, "inclusa la continuazione di operazioni militari e anti-terroristiche". La vera novità però, discussa animatamente nelle scorse settimane, è il taglio delle forniture: "Ulteriori sanzioni saranno addebitate al regime di Hamas sottoforma di limitazioni al passaggio di beni verso la Striscia di Gaza e di riduzioni delle forniture di carburante ed elettricità". In altre parole: finchè i Quassam cadranno su Sderot, Israele taglierà i viveri a Gaza. Non si è fatta attendere la risposta di Hamas, giunta per bocca del portavoce Fawzi Barhoum: "È una dichiarazione di guerra", per poi sollecitare l'intervento della comunità internazionale.
La mossa israeliana, che può apparire come un fulmine a ciel sereno, è il risultato di discussioni che si protraggono da settimane. Da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia, infatti, i lanci di missili Qassam su Sderot e dintorni si sono moltiplicati. Il culmine si è toccato ad inizio settembre, quando un razzo ha sfiorato una scuola elementare di Sderot riaperta la mattina stessa: la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. I genitori di Sderot hanno rifiutato di rimandare i propri figli a scuola, per poi portare la propria protesta fino alla Knesset. A questo punto comincia il dibattito all'interno del governo: che fare di fronte alla pioggia di Qassam? Ascoltare i genitori di Sderot, magari entrando nella Striscia con i tank? Oppure usare le armi della diplomazia? Il primo ministro Olmert è restio ad inviare l'esercito nella Striscia: una repressione armata significherebbe, tra le altre cose, ulteriore perdita di consenso internazionale. Ecco allora che il ministro della Difesa Barak valuta la possibilità legale di tagliare ad Hamas acqua, elettricità e gas. A dargli manforte il vicepremier Ramon, per il quale i tagli dovranno essere direttamente proporzionali al numero di Qassam che pioveranno su Sderot: "Stabiliremo un prezzo per ogni Qassam, in termini di tagli alle forniture. Hamas è avvertita. Non continueremo a fornire ossigeno sottoforma di elettricità, carburante e acqua mentre loro cercano di uccidere i nostri figli".
La scelta di oggi, inevitabile dopo il recente ferimento di 66 reclute israeliane a riposo colpite da un Qassam, certifica il successo della linea Barak, una via di mezzo capace di mettere assieme falchi e colombe in un voto all'unanimità. Come procederà Israele? Innanzitutto le sanzioni dovranno superare un esame legale. Gli ostacoli non mancheranno: secondo il "Jerusalem Post", un funzionario delle Nazioni Unite avrebbe già definito legalmente "problematica" la mossa di Israele. L'intenzione di Barak, comunque, è quella di evitare una crisi umanitaria: l'applicazione della sanzioni sarà progressiva, e la scelta di non tagliare le forniture di acqua suona già come una rassicurazione. Gradualità, ma anche durezza: secondo il quotidiano "Haaretz", il ministro della Difesa avrebbe sottolineato come "ogni giorno che passa ci porta più vicini ad una operazione militare a Gaza". Ma il discorso è ancora prematuro: tutto dipende da come Hamas risponderà alle sanzioni.
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