26 settembre 2007

Myanmar, la polizia carica i monaci

Per la protesta dei monaci sembrava la volta buona. Gli occhi del mondo, riuniti a New York in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, erano puntati contro il regime militare del Myanmar: una repressione armata sarebbe stata quantomeno sfacciata. Ma anche questa volta la dittatura militare ha tirato fuori il suo lato peggiore. Incurante del sostegno planetario alla protesta, incurante delle minacce di provvedimenti internazionali, il governo dell’ex- Birmania ha dato l’ordine di caricare i manifestanti. Secondo le ultime notizie, il bilancio provvisorio della repressione sarebbe di un morto, almeno diciassette feriti e trecento arresti. Ma i numeri ballano, e crescono d’ora in ora: secondo altre fonti, i decessi sarebbero già cinque. La polizia occupa le strade in tenuta antisommossa, spara e lancia lacrimogeni. Tra i fermati, il celebre difensori dei diritti civili Wing Nain e un comico locale.

Le proteste nelle principali città del Myanmar sono scoppiate nove giorni fa, in seguito ad un deciso incremento dei prezzi del carburante. La protesta è partita su iniziativa di poche centinaia di monaci buddisti : giorno dopo giorno, però, ai religiosi si è aggiunta la società civile e il torrente è diventato un fiume in piena. Ieri, in strada, erano centomila. Simbolo della protesta, il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi: incarcerata dopo aver vinto le elezioni-farsa del 1990, la donna vive oggi agli arresti domiciliari. Sabato, dalla sua casa, la donna ha pregato con i monaci: un reciproco tentativo di farsi forza.

La diplomazia mondiale ha cercato con ogni mezzo di frenare la temuta repressione: dal Palazzo di Vetro di New York, il mondo ha parlato ad una voce. George W. Bush, in occasione del suo discorso davanti all’Assemblea, ha annunciato un inasprimento delle sanzioni contro il regime del Myanmar finalizzate ad “aiutare il popolo a riconquistare la libertà”, negata ormai da quarant’anni. Toni di disapprovazione nei cofronti del regime sono giunti anche dal presidente francese Sarkozy e da tutti i leader europei.

Venuto a conoscenza della repressione militare, e dei primi morti nelle file dei monaci, l’Onu ha poi inasprito ulteriormente toni e iniziative. Il ministro degli esteri francese Kouchner ha indetto una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza per le ore 15.00 locali. L’Unione Europea, intanto, ha deciso di seguire la linea di George W. Bush inasprendo le sanzioni contro il Myanmar: “La Ue è molto preoccupata delle ultime notizie che riferiscono che le autorità stanno muovendo le forze militari verso il centro della città” recita un comunicato ufficiale diramato da Bruxelles, per poi chiedere al regime di “non usare la violenza contro un popolo che si è impegnato alla non violenza e a proseguire una genuina riconciliazione e negoziazione”.

In prima linea anche l’Italia. Questa mattina, sulle colonne del “Corriere della Sera”, il ministro Emma Bonino ha espresso solidarietà al Nobel Aung San Suu Kyi. Il presidente Romano Prodi, invece, i è detto molto preoccupato per le notizie che provengono dall’ex-Birmania: “La comunità internazionale deve mobilitarsi per il rispetto dei diritti umani in tutte le parti del mondo e perché sia assicurata la libertà di esprimere le proprie opinioni ed il proprio dissenso in modo pacifico”, recita un comunicato ufficiale di Palazzo Chigi, annunciando che “la Presidenza del Consiglio è in contatto con la Presidenza portoghese dell’Unione Europea e la nostra Ambasciata in Birmania. Nel corso della giornata il Presidente Prodi parlerà con il Primo Ministro portoghese, Socrates, per chiedere una riunione urgente in ambito comunitario in cui esaminare le misure atte a far cessare la violenza”.