Il Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite ha approvato ieri un documento, firmato da tutti i quindici membri, in cui "deplora" la condotta del regime birmano. Il testo, riscritto più volte per mettere d'accordo l'unanimità dei firmatari, non è vincolante: non si tratta di una risoluzione, ma di una semplice presa di posizione politica. Da segnalare l'adesione della Cina: per la prima volta dall'inizio delle proteste e della repressione da parte della giunta, il gigante asiatico si trova a fianco delle maggiori potenze occidentali in una presa di posizione condivisa.
Il testo si apre con un apprezzamento del lavoro svolto dall'inviato delle Nazioni Unite, il nigeriano Ibrahim Gambari, che ha recentemente trascorso quattro giorni in Myanmar – incontrando tanto il leader della giunta, Than Shwe, quanto la leader dell'opposizione, Aung San Suu Kyi. In seguito i quindici del Consiglio "deplorano fortemente l'uso della violenza contro dimostrazioni pacifiche nel Myanmar e accolgono la Risoluzione S-5/1 del Consiglio per i Diritti Umani".
Cosa chiede nello specifico il Consiglio di Sicurezza? Primo, l'immediato rilascio di tutti i prigionieri politici e dei restanti detenuti: ma proprio oggi l'agenzia di stampa "Mizzima" dà notizia del trasferimento di quarantacinque prigionieri nella prigione i Thayet, scortati da imponenti misure di sicurezza. Secondo, cooperazione tra la giunta e i partiti d'opposizione per il raggiungimento di una soluzione pacifica. Terzo: la giunta al potere deve parlare, e trattare, con il Nobel Aung San Suu Kyi, considerando le raccomandazioni fornite da Ibrahim Gambari. Di dialogo tra giunta e opposizione si è molto parlato nei giorni scorsi: le condizione poste dal regime (un sostanziale abbandono della protesta da parte della donna) sono parse però inaccettabili ai dissidenti. Quarto: la giunta deve prendere tutte le misure necessarie per garantire i diritti fondamentali al popolo birmano. In chiusura, il Consiglio accoglie positivamente la collaborazione da parte dell'Asean, l'unione dei paesi del sud-est asiatico.
Il documento del Consiglio di Sicurezza rappresenta un ulteriore tassello nella "moral suasion" contro la giunta di Than Shwe: da un punto di vista pratico, più utili saranno però le sanzioni che l'Unione Europea discuterà nei prossimi giorni. Dai membri del Consiglio provengono comunque commenti positivi: secondo l'amabasciatore britannico alle Nazioni Unite, John Sawers, il documento "è significativo, perché mette in assoluta evidenza che il governo della Birmania è isolato rispetto all'opinione mondiale". Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia si sono però premurate di far sapere che "le promesse del regime di colaborare con le Nazioni Unite e il signor Gambari devono essere seguite dai fatti": in caso contrario, la questione tornerà sul tavolo del Consiglio di Sicurezza nel giro di due settimane. "Non rallenteremo, persisteremo" ha aggiunto l'ambasciatore americano Khalilzad.
E la Cina? Il suo ambasciatore all'Onu, Liu Zhenmin, ha misurato le parole limitandosi a sperare che il documento possa supportare l'azione di Gambari. Nessun commento su eventuali future iniziative da parte del Consiglio: sta al governo del Myanmar e alla popolazione "risolvere questa questione". Un colpo al cerchio e un colpo alla botte, come sempre: gli interessi cinesi in Birmania sono troppo forti per fermarsi di fronte a migliaia di arresti e centinaia di morti. L'"Economist", il settimanale britannico più prestigioso al mondo, ha ricordato come per tutti gli anni novanta la Cina abbia rafforzato i rapporti con il regime fornendogli armi, tra cui caccia e lanciarazzi, in cambio di importanti risorse energetiche. Secondo l'americana Earth Rights International, inoltre, le imprese cinesi sono attualmente impicate nei progetti per la costruzione di quaranta centrali idroelettriche in Birmania, così come in diciassette progetti per il trasporto di gas e petrolio. A breve seguirà la costruzione di un gas-oleodotto.
Novità consistenti sono giunte poi sui futuri progetti dell'inviato Ibrahim Gambari. Lunedì il nigeriano sarà in Thailandia, per poi visitare Malaysia, Indonesia, India, Cina e Giappone. Una sorta di accerchiamento che dovrebbe riportarlo in Myanmar: lì potrà chiedere conto alla giunta dei presunti "progressi" sul fronte della protesta.
Contrastanti, e sempre più esili, le notizie dal Myanmar. Mentre Laura Bush, in un aticolo pubblicato dal "Wall Street Journal", ha invitato senza mezzi termini la giunta ad "andarsene", Than Shwe e i militari tengono sotto stretto controllo la situazione. Qualche giorno fa internet è stato riattivato, ma solo nelle ore notturne (quando tutti gli internet point sono chiusi), mentre la repressione mediatica continua su altri fronti. "Mizzima" parla di censura nei confronti del celebre vignettista Awpikye, colpevole di aver sostenuto le manifestazioni dei monaci. Censurato anche l'attore Kyaw Thu, protagonista di un film (intitolato "Total Security") contro la diffusione del virus Hiv: secondo il governo, il lungometraggio sarebbe stato "temporaneamente sospeso". In attesa di ulteriori indagini.
L'Occidentale