Domenica mattina. In un autogrill nei pressi di Arezzo si scontrano alcuni tifosi di Lazio e Juve. Giunta sul posto, la polizia prima urla, poi mette le sirene per farsi sentire. Niente. Poi, all'improvviso, parte un colpo: Gabriele Sandri, rinomato dj romano, muore. A sparare, uno degli agenti della Polstrada accorsi sul posto, interrogato nel pomeriggio alla questura di Arezzo. Il questore, Vincenzo Giacobbe, ha parlato di "tragico errore": "Il nostro agente era intervenuto per evitare che i tafferugli tra due esigui gruppi di persone, che non erano stati individuati come tifosi, degenerassero con gravi conseguenze per entrambi. Esprimo profondo dolore e sincere condoglianze alla famiglia della vittima".
Un errore, certo, sul quale la procura ha già aperto un'indagine: sarà il tribunale a stabilire come e perché la tragedia ha potuto verificarsi. Chi sarà ritenuto responsabile, pagherà tutto quello che deve pagare. Ma prima che ancora che i tribunali emettano una sentenza, qualcuno ha già il suo verdetto in tasca: un poliziotto ha ucciso un tifoso, manna dal cielo per il popolo degli ultras italiani. I primi tifosi della Lazio si assembrano davanti alla questura di Arezzo, al grido di "assassini, assassini".La partita Inter-Lazio viene sospesa: fuori, scontri con le forze dell'ordine. E mentre sui siti web dei tifosi compaiono i primi slogan inneggianti alla morte di Raciti – il poliziotto rimasto ucciso in occasione degli scontri di Catania dello scorso anno –, a Bergamo la curva dell'Atalanta cerca di sfondare le protezioni. Risultato, partita prima sospesa poi rinviata. La scintilla è scoccata: la polizia torna ufficialmente il nemico da abbattere nell'eterna sfida tra Stato e ultras. Una sfida che in Italia, ciclicamente, si ripete con gli stessi atti e gli stessi protagonisti.
Come accadde in occasione dell'omicidio Raciti, parte il balletto delle dichiarazioni: chiudiamo gli stadi, anzi chiudiamo il campionato; no, forse è meglio lasciare fuori i violenti; cosa dite, semplicemente le società devono recidere ogni legame con le curve. Su un fatto, almeno per qualche giorno, saranno tutti d'accordo: questa è la goccia che ha fato traboccare il vaso, adesso via con linea dura. Basta violenza, cambierà tutto. Le stesse (noiosissime) frasi che ci vengono propinate due o tre volte a campionato. Sì perché in Italia va così: per qualche settimana ci si scandalizza dei nostri stadi, poi tutto torna come prima. Con gli stessi tifosi, gli stessi slogan, le stesse curve. Contro lo stesso nemico giurato: la polizia, e quindi lo Stato.
E allora fa particolarmente male sentire quello che la vedova di Raciti ha da dire. Constatazioni semplici e razionali: "Ma come si fa a chiamarli ancora tifosi, i protagonisti di questa vicenda chiamiamoli con il loro vero nome: delinquenti autorizzati. La morte di mio marito durante il derby Catania-Palermo del 2 febbraio scorso non ha insegnato alcunchè perché viviamo in un Paese che si sta abbrutendo sempre di più, in un Paese sempre più incivile. Purtroppo mi aspettavo notizie del genere perché ho visto che dalla tragica sera del Massimino poco o quasi niente è cambiato: questi delinquenti che si fanno chiamare tifosi non cambieranno. Mai. Allora non è possibile che altre persone estranee alla loro cultura di violenza paghino con la vita". Soluzione? "Chiudere gli stadi".
Chiudere gli stadi, dicela signora Raciti. Ma in fondo non ci crede neppure lei, perché in Italia il calcio è sacro quanto la famiglia: toglietemi tutto, ma non il campionato. Lasciamo che i politici facciano la voce grossa per qualche settimana, poi tutto torna come prima: come sempre, nel paese dell'eterno ritorno dove nulla sembra poter cambiare di una virgola.
Eppure, mi chiedo, è possibile che i tifosi italiani siano geneticamente più cattivi e devastanti di quelli del resto del mondo? È possibile che solo in Italia gli scontri con la polizia si verifichino con tale ferocia e frequenza? Tutti a noi, i delinquenti? E sì che in Inghilterra avevano gli Hooligans, i supporter più temibili del mondo… E sì che i tifosi del nord Europa, dopo litri e litri di birra, dovrebbero essere più suscettibili dei nostri. E invece niente: in Inghilterra si va allo stadio senza barriere, da noi quelle barriere vengono sfasciate.
Siccome non credo che il popolo delle curve italiane sia geneticamente più cattivo di quello del resto d'Europa, la risposta sta forse da un'altra parte. E la risposta, io credo, va ben oltre gli stadi: i problemi si chiamano legalità, arresti e certezza della pena. Concetti, nella nostra Italia, molto aleatori. Se i tifosi italiani sono di gran lunga i peggiori d'Europa, è solo perché in Italia hanno le mani completamente libere: al massimo si fanno una o due notti di prigione, giusto il tempo per riposarsi e tornare in curva la domenica seguente. I tifosi inglesi, francesi, tedeschi e spagnoli non sono dei santarellini: semplicemente non hanno intenzione di finire di fronte a un tribunale inglese, francese, tedesco e spagnolo. Perché finirebbero dietro alle sbarre e ci starebbero per un bel po'. E state certi che se ai tifosi europei fosse garantita l'assoluta impunità italiana, si comporterebbero come i nostri se non peggio.
Un caso su tutti. 3 ottobre, Champions League: in Scozia si sta disputando Celtic Galsgow-Milan. Al'ultimo minuto Dida, portiere dei rossoneri, prende un gol: un tifoso del Celtic, con fare canzonatorio e certo non violento, entra in campo e fa una carezza a Dida – il quale simulerà un infortunio, ma questa è un'altra storia. Un gesto goliardico, lontanissimo dalle nostre spranghe, le nostre molotov e compagnia bella. Bene, quel tifoso (Robert McHendry, 27 anni) è stato condannato a 120 ore di lavoro socialmente utile, e il Celtic l'ha bandito a vita dal suo stadio. Immaginate un po' a quale trattamento sarebbero sottoposti in Scozia i tifosi italiani: gli ultras dell'Atalanta, piuttosto che i tifosi del Catania…
Chiariamo: l'inchiesta sulle responsabilità delle forze dell'ordine in occasione della tragedia dell'autogrill deve essere seria e celere. Se quello che sembra davvero un terribile incidente, una disgrazia, non dovesse risultare tale, l'agente implicato nell'uccisione di Gabriele Sandri dovrà pagare secondola legge. La stessa legge alla quale siamo sottoposti tutti noi. Ma la tragedia di domenica mattina è stata presa come pretesto per riaccendere una sfida ininterrotta, che va oltre i singoli episodi: a detta degli stessi ultras, che spesso si prestano tutti intabarrati alle interviste tv per regalarci le loro "confessioni", la polizia è e sarà sempre il nemico da abbattere.
E allora discutiamo pure di chiudere gli stadi, o di non mandare i tifosi in trasferta. Ma qualcuno crede davvero che possa servire a qualcosa? Molto più utile sarebbe applicare le leggi italiane anche quegli strani soggetti che si fanno chiamare "ultras": ostacolando con tutti i mezzi le rivolte fuori dagli stadi, fermando gli esagitati, processandoli e lasciandoli dietro alle sbarre fino al completo esaurimento della pena. Che di devastazione, resistenza a pubblico ufficiale o omicidio si tratti.
Un errore, certo, sul quale la procura ha già aperto un'indagine: sarà il tribunale a stabilire come e perché la tragedia ha potuto verificarsi. Chi sarà ritenuto responsabile, pagherà tutto quello che deve pagare. Ma prima che ancora che i tribunali emettano una sentenza, qualcuno ha già il suo verdetto in tasca: un poliziotto ha ucciso un tifoso, manna dal cielo per il popolo degli ultras italiani. I primi tifosi della Lazio si assembrano davanti alla questura di Arezzo, al grido di "assassini, assassini".
Come accadde in occasione dell'omicidio Raciti, parte il balletto delle dichiarazioni: chiudiamo gli stadi, anzi chiudiamo il campionato; no, forse è meglio lasciare fuori i violenti; cosa dite, semplicemente le società devono recidere ogni legame con le curve. Su un fatto, almeno per qualche giorno, saranno tutti d'accordo: questa è la goccia che ha fato traboccare il vaso, adesso via con linea dura. Basta violenza, cambierà tutto. Le stesse (noiosissime) frasi che ci vengono propinate due o tre volte a campionato. Sì perché in Italia va così: per qualche settimana ci si scandalizza dei nostri stadi, poi tutto torna come prima. Con gli stessi tifosi, gli stessi slogan, le stesse curve. Contro lo stesso nemico giurato: la polizia, e quindi lo Stato.
E allora fa particolarmente male sentire quello che la vedova di Raciti ha da dire. Constatazioni semplici e razionali: "Ma come si fa a chiamarli ancora tifosi, i protagonisti di questa vicenda chiamiamoli con il loro vero nome: delinquenti autorizzati. La morte di mio marito durante il derby Catania-Palermo del 2 febbraio scorso non ha insegnato alcunchè perché viviamo in un Paese che si sta abbrutendo sempre di più, in un Paese sempre più incivile. Purtroppo mi aspettavo notizie del genere perché ho visto che dalla tragica sera del Massimino poco o quasi niente è cambiato: questi delinquenti che si fanno chiamare tifosi non cambieranno. Mai. Allora non è possibile che altre persone estranee alla loro cultura di violenza paghino con la vita". Soluzione? "Chiudere gli stadi".
Chiudere gli stadi, dice
Eppure, mi chiedo, è possibile che i tifosi italiani siano geneticamente più cattivi e devastanti di quelli del resto del mondo? È possibile che solo in Italia gli scontri con la polizia si verifichino con tale ferocia e frequenza? Tutti a noi, i delinquenti? E sì che in Inghilterra avevano gli Hooligans, i supporter più temibili del mondo… E sì che i tifosi del nord Europa, dopo litri e litri di birra, dovrebbero essere più suscettibili dei nostri. E invece niente: in Inghilterra si va allo stadio senza barriere, da noi quelle barriere vengono sfasciate.
Siccome non credo che il popolo delle curve italiane sia geneticamente più cattivo di quello del resto d'Europa, la risposta sta forse da un'altra parte. E la risposta, io credo, va ben oltre gli stadi: i problemi si chiamano legalità, arresti e certezza della pena. Concetti, nella nostra Italia, molto aleatori. Se i tifosi italiani sono di gran lunga i peggiori d'Europa, è solo perché in Italia hanno le mani completamente libere: al massimo si fanno una o due notti di prigione, giusto il tempo per riposarsi e tornare in curva la domenica seguente. I tifosi inglesi, francesi, tedeschi e spagnoli non sono dei santarellini: semplicemente non hanno intenzione di finire di fronte a un tribunale inglese, francese, tedesco e spagnolo. Perché finirebbero dietro alle sbarre e ci starebbero per un bel po'. E state certi che se ai tifosi europei fosse garantita l'assoluta impunità italiana, si comporterebbero come i nostri se non peggio.
Un caso su tutti. 3 ottobre, Champions League: in Scozia si sta disputando Celtic Galsgow-Milan. Al'ultimo minuto Dida, portiere dei rossoneri, prende un gol: un tifoso del Celtic, con fare canzonatorio e certo non violento, entra in campo e fa una carezza a Dida – il quale simulerà un infortunio, ma questa è un'altra storia. Un gesto goliardico, lontanissimo dalle nostre spranghe, le nostre molotov e compagnia bella. Bene, quel tifoso (Robert McHendry, 27 anni) è stato condannato a 120 ore di lavoro socialmente utile, e il Celtic l'ha bandito a vita dal suo stadio. Immaginate un po' a quale trattamento sarebbero sottoposti in Scozia i tifosi italiani: gli ultras dell'Atalanta, piuttosto che i tifosi del Catania…
Chiariamo: l'inchiesta sulle responsabilità delle forze dell'ordine in occasione della tragedia dell'autogrill deve essere seria e celere. Se quello che sembra davvero un terribile incidente, una disgrazia, non dovesse risultare tale, l'agente implicato nell'uccisione di Gabriele Sandri dovrà pagare secondo
E allora discutiamo pure di chiudere gli stadi, o di non mandare i tifosi in trasferta. Ma qualcuno crede davvero che possa servire a qualcosa? Molto più utile sarebbe applicare le leggi italiane anche quegli strani soggetti che si fanno chiamare "ultras": ostacolando con tutti i mezzi le rivolte fuori dagli stadi, fermando gli esagitati, processandoli e lasciandoli dietro alle sbarre fino al completo esaurimento della pena. Che di devastazione, resistenza a pubblico ufficiale o omicidio si tratti.