13 novembre 2007

Peres e Gul rilanciano il dialogo tra Israele e Turchia

Le reciproche visite diplomatiche tra capi di stato, o grandi personalità della politica, sono una costante della storia. Alcune però, per diversi motivi, vengono registrate dagli annali come veri e propri eventi. Sembra essere questa la sorte che toccherà al viaggio di Shimon Peres, presidente d'Israele, in Turchia, dove si è recato insieme al leader dell'Anp Abu Mazen.
Cosa rende eccezionale il viaggio di Peres ad Ankara? Primo: l'invito è giunto da un governo islamico – moderato, ma pure sempre islamico. Secondo: Peres terrà un discorso in ebraico davanti a un parlamento di mussulmani. Insomma, ce n'è abbastanza per ricordare questo incontro come un importante passo avanti nella costruzione di un Medio Oriente basato su una pacifica convivenza reciproca.

A rendere eccezionale il soggiorno turco di Peres, però, concorrono anche fattori maggiormente legati alla stretta attualità. Giorni prima del suo arrivo ad Ankara – dove è atterrato domenica, seguito ieri dall'altro ospite Abu Mazen – Peres ha ricordato che "la Turchia può svolgere un ruolo di primo piano nel processo di pace israelo-palestinese". Detto in altri termini, la moderata Turchia può essere un prezioso appoggio al tavolo di Annapolis, dove tra qualche settimana israeliani e palestinesi siederanno nel tentativo di dare un volto definitivo alla pace. Non secondario, inoltre, è il fatto che il presidente israeliano visiti la Turchia in uno dei momenti più bassi del rapporto tra Ankara e Washington, minato dalla questione curda che divide profondamente Bush ed Erdogan.

Fatta la storia, insomma, il presidente turco Abdullah Gul e Shimon Peres cercheranno poi di far fruttare l'incontro nel campo delle maggiori problematiche mediorientali. Il programma diplomatico ha visto ieri un incontro tra i due presidenti, mentre per oggi è previsto il tanto atteso discorso di Peres in ebraico – definito dal primo ministro Olmert entusiasticamente "senza precedenti" – seguito da quello di Abu Mazen, entrambi davanti al parlamento turco. Ma al di là dei simboli e delle foto di rito, è proprio dall'incontro privato tra i due capi di stato che potranno venire le maggiori novità per il mondo mediorientale. Due i temi maggiormente dibattuti, di assoluta centralità tanto per Israele quanto per il mondo: la conferenza di Annapolis, da un lato, e il dossier iraniano dall'altro.

Per quanto concerne la conferenza di pace, che si terrà tra novembre e dicembre in Maryland sotto lo sguardo attento degli organizzatori – George W. Bush e Condoleezza Rice –, i due presidenti si sono trovati a discutere in privato degli insediamenti israeliani in Cisgiordania. A questo proposito, Gul ha consigliato all'omologo israeliano Peres di mettere fine all'espansione delle colonie per poter raggiungere un accordo con i palestinesi. Gul, ricordando alcuni incontri con esponenti palestinesi, ha reso noto un aneddoto: "Hanno tirato fuori mappe prima di me, mostrandomi la crescita degli insediamenti. Non mi ha lasciato molto da dire sulla questione". Insomma, per Gul la sicurezza d'Israele è importante ma "non si possono ignorare i problemi palestinesi: la crescita degli insediamenti deve fermarsi".

Peres, dal canto suo, si è mostrato possibilista sul raggiungimento di un accordo: ma ci vorrà del tempo. Nella conferenza stampa congiunta al termine dell'incontro, Peres ha dichiarato: "Ci credo, ora possiamo fare la pace con i palestinesi. Ma ci vuole tempo per fare la pace". Ed è proprio il calendario dei futuri passi verso una pacifica convivenza a segnare ancora la maggior distanza tra i due contendenti: per Israele la conferenza dovrà segnare l'inizio della collaborazione tra i due popoli, per i palestinesi invece il traguardo di accordi definitivi.

Legata ad Annapolis, i due presidenti hanno dibattuto poi la questione siriana. Come è noto, infatti, alla conferenza prenderanno parte anche alcuni stati arabi, ma sulla Siria l'accordo ancora non c'è. A questo proposito, da presidente di uno Stato islamico moderato, Gul ha giocato la carta del mediatore sottolineando l'importanza della presenza di Assad al tavolo di Annapolis: "Assad è interessato ad una pace reale", ha detto il presidente turco. Peres non ha escluso l'ipotesi a priori, ma ha richiamato prima ad una maggiore dimostrazione di serietà da parte del presidente siriano. Ruolo da mediatore, inoltre, Gul ha svolto sulla questione dei due soldati israeliani ancora nelle mani di Hezbollah in Libano: la Turchia, ha detto il presidente, ce la metterà tutta per ottenere il rilascio dei militari.

Chiarite le questioni sul tavolo in vista del viaggio in Maryland, Peres e Gul sono poi passati ad un'altro tema spinoso: l'Iran di Ahmadinejad e la sua corsa al nucleare. Peres è stato chiaro, ripetendo quello che Israele – così come Francia, Germania e Stati Uniti – vanno ripetendo da tempo: "L'Iran non ha bisogno della tecnologia nucleare", e un Iran con la bomba atomica è semplicemente inaccettabile. Gul, che si è dichiarato contrario all'arricchimento dell'uranio ai fini del raggiungimento della bomba atomica, si è però detto favorevole alla scelta del nucleare civile come diritto per tutti.

Tra gli altri temi trattati, infine, la questione degli armeni. Per Gul non è tollerabile che la questione torni alla ribalta ogni mese, mentre Peres ha dato il suo appoggio alla costituzione di una commissione di storici turchi e armeni che emetta finalmente una parola definitiva sugli anni 1915-1917. Il presidente israeliano ha poi consigliato a Gul di prendere spunto dalle iniziative israeliane nel contrasto del terrorismo: a questo proposito, lo ha invitato a mandare in Israele una delegazione turca per studiare l'utilizzo delle nanotecnologie contro la proliferazione del terrore.
L'incontro storico tra Turchia e Israele, in ultima analisi, è stato un dibattito complesso nel quale non sono mancate le divisioni. Dietro alle foto ricordo, i due leader – ai quali certo non manca l'esperienza – si sono confrontati senza reticenze sulle questioni maggiormente spinose del momento: nessuno ha rinunciato ad esprimere il proprio punto di vista, a costo di scontrarsi con quello altrui. E in fondo, di fronte a tanti incontri diplomatici buoni solo per le macchine fotografiche dei media, anche questo è un piccolo passo storico: solo da un dibattito serrato e sincero tra punti di vista contrastanti potrà nascere un Medio Oriente finalmente pacificato.
L'Occidentale