23 dicembre 2007

I giornalisti che fanno la storia e i Meridiani che la raccontano

I “Meridiani” Mondadori non sono una semplice collana editoriale. Entrare nei “Meridiani”, infatti, significa essere consacrati come un classico della letteratura: ultimi casi degni di nota, tra le novità della collana Mondadori, sono quelli di Mario Soldati e Piero Chiara, le cui raccolte di romanzi sono state curate rispettivamente da Bruno Falcetto e Mauro Novelli – docenti di Letteratura italiana contemporanea all’Università di Milano. Col passare degli anni la pubblicazione dei “Meridiani” va inevitabilmente a influenzare anche il nostro canone letterario, contribuendo a stabilire quali autori dovranno finire nei libri di testo per le scuole. Detto in altri termini, se tra vent’anni al liceo si studierà “Il piatto piange” di Chiara come un testo fondamentale del ‘900 italiano, parte del merito cadrà anche sulle scelte editoriali compiute oggi dallo staff della collana “Meridiani”.

Se l’ascesa di un nuovo autore nel pantheon della collana più prestigiosa della Mondadori è da sempre un importante evento culturale, la recentissima pubblicazione di due “Meridiani” dedicati al giornalismo italiano è un qualcosa di assolutamente sorprendente. Di fianco a Massimo Bontempelli, Franco Fortini, Elsa Morante, Umberto Saba ed Elio Vittorini – giusto per citare alcuni dei principali autori contemporanei della collezione –, Mondadori pubblica ora una selva di giornalisti che hanno fatto la storia di una professione raccontando la storia dell’Italia. Ecco che allora, per il Natale 2007, il tanto bistrattato giornalismo viene elevato al rango della letteratura e consegnato direttamente al prestigio (e all’immortalità) della principale collana letteraria italiana.

L’operazione, di fronte alla quali alcuni critici particolarmente intransigenti storceranno forse il naso, è maestosa e curata alla perfezione. I primi due testi, che raccolgono un’antologia di scritti giornalistici dal 1860 al 1901 (primo volume) e dal 1901 al 1939 (secondo volume), sono appena sbarcati in libreria. Gli altri due testi – dal 1939 al 1968 e dal 1968 al 2001 – usciranno invece a breve. L’opera è curata da Franco Contorbia, docente genovese di letteratura contemporanea: a lui l’arduo compito di selezionare un ventaglio di articoli rappresentativi delle storia d’Italia e della professione più intrigante del mondo.

Le possibili modalità di approccio ai testi sono molteplici, tutte avventurose e affascinanti. Si può scegliere di leggere i quattro “Meridiani” dal primo all’ultimo articolo, andando così a scoprire la storia nazionale (e quella internazionale, vista con gli occhi degli italiani) dalla vigilia della spedizione dei Mille fino al crollo delle Twin Towers. Ci si può concentrare su un determinato periodo storico, andando oltre la storia dei manuali e toccando con mano il punto di vista di giornalisti-testimoni differenti, magari ideologicamente lontani tra loro. Oppure, e mi fermo qui, si potrebbe pensare di studiare come la tematica della guerra sia stata affrontata dalla proclamazione del Regno d’Italia a oggi, dal “Corriere della Sera” così come dall’“Unità”. Comunque si scelga di leggerli, gli articoli raccolti da Contorbia si legano l’uno all’altro nella costruzione di un affresco fenomenale di quello che gli italiani hanno fatto, detto e pensato dal 1860 ai giorni nostri.

Godersi al meglio i primi due volumi del “Giornalismo italiano” significa sfogliare pigramente le pagine (le raffinate e sottilissime pagine del “Meridiani”, manna dal cielo per tutti i bibliofili) lasciando che un titolo, o un autore, catturi l’attenzione di chi legge. Tra i primi articoli, a colpire il lettore, c’è una schematica descrizione giornaliera della spedizione dei Mille, redatta dal signor Ippolito Nievo per il “Supplemento Straordinario al ‘Pungolo’”; subito dopo, il signor Giuseppe Mazzini scrive per “L’Unità italiana” un articolo di fondo nel quale analizza le differenti posizioni di Cavour e Garibaldi di fronte al problema dell’Unità: “Garibaldi segue la via diritta: Cavour l’obliqua; il primo è istintivamente inspirato dalla logica della rivoluzione: il secondo adotta deliberatamente la tattica opportuna a conquistare riforme”. Oggi come ieri, radicali e riformisti si giocano l’Italia.

Insieme all’Italia, cresce anche il giornalismo e la politica estera trova sempre maggiore spazio sui quotidiani. Nel 1865, con un articolo di Vincenzo Botta, “L’Opinione” dà la notizia dell’uccisione di Lincoln e dei suoi funerali: “Chiusi i negozi, sospesi i teatri, le vie e le case addobbate a lutto, lo squillo delle campane, e il tuono dei cannoni, i meetings improvvisati sulle pubbliche vie, oratori su ogni canto che celebrano le virtù dell’estinto, ci dicono benché imperfettamente il sentimento profondo che agita questo popolo nella disgrazia testé sostenuta”. Due anni dopo, ad essere ucciso, sarà invece in Messico l’Imperatore Massimiliano. A Milano, intanto, si inaugura la Galleria Vittorio Emanuele, e “Il Secolo” ne dà notizia con tutta l’enfasi possibile: “I piani superiori sono occupati da migliaia di spettatori. Il sole fiammeggiante versa un oceano di luce dall’alto sulle facciate scolpite, sugli affreschi, sul pavimento lucidissimo ed a colori vivi come quelli d’un tappeto”.

Tra questi giornalisti ottocenteschi, anche molti scrittori noti dediti alla pubblicistica: De Amicis (certamente migliore come reporter che come narratore), Carducci, Collodi, D’Annunzio, Pirandello (che recensisce “Piccolo mondo amico” di Fogazzaro) e Pascoli. Un ponte tra giornalismo e letteratura che continua anche nel secondo volume, dedicato al primo quarantennio del ventesimo secolo. Ad aprire il ‘900, secolo dei grandi inviati, è proprio un reportage di Luigi Barzini, inviato dal “Corriere della Sera” in Siberia. Culturalmente parlando, invece, Contorbia antologizza per il 1901 una recensione a più mani della prima di “Francesca da Rimini” di D’Annunzio: nel ruolo della protagonista, l’impareggiabile Eleonora Duse.

Molto più che per il volume precedente, il lasso temporale 1901-1939 è scandito da articoli storici su avvenimenti storici. Sfogliando le pagine del “Meridiano” leggiamo così dello sciopero generale del 1904 (“La Folla”), del Nobel a Carducci nel 1906 (“Corriere della Sera”) e della sua morte l’anno seguente, della straordinaria impresa di Barzini col suo viaggio da Pechino a Parigi – a bordo dell’automobile “Itala” (il tutto raccontato a puntate per il suo “Corriere”) – e avanti fino all’attraversamento della Manica in volo ad opera di Blériot, i primi articoli di Benito Mussolini e la sua irresistibile ascesa, gli articoli politici e culturali di Gramsci ed Einaudi fino alla tragedia del dirigibile Italia, guidato dal generale Nobile (e magistralmente descritta da Cesco Tomaselli per il “Corriere della Sera”, nel 1928).

Avanti così, di storia in storia, di personaggio in personaggio fino all’articolo conclusivo: è di un giovane inviato del “Corriere della Sera”, chiamato Indro Montanelli, mandato con le truppe del Reich sul fronte orientale. L’articolo si chiude con la descrizione di un grande silenzio, un silenzio che mette la parola fine a questi due “Meridiani” – per chi non l’avesse capito, il miglior regalo di Natale – e dà appuntamento al prossimo, quando il fragore delle bombe e il sangue dei soldati torneranno a infangare il suolo italiano: è il 1940, ma questa è un’altra storia (e Franco Contorbia non ce l’ha ancora regalata).

L'Occidentale