20 settembre 2010

Nel pre e post elezioni l'Afghanistan continua a imbrattarsi di sangue

Sabato circa 4 milioni di persone si sono recate ai seggi per eleggere 249 parlamentari, una carica per la quale hanno concorso oltre 2.500 candidati. Ancora una volta, però, troppo è il sangue versato: lo sappiamo bene noi italiani, nel giorno in cui la salma del tenente Alessandro Romani torna a Roma; lo sanno i nostri soldati, presi di mira - anche ieri - dagli ordigni dei ribelli; lo sanno, più di tutti, gli otto bambini vittime di un razzo inesploso, e i tre scrutatori uccisi dai talebani. Eppure, dati alla mano, sembra che le violenze siano diminuite: rispetto alle presidenziali del 2009, spiega il capitano William Powell dell’Isaf, gli attacchi degli insorti sono stati 294, contro i 580 della precedente tornata elettorale. Calcoli di dubbio gusto, se vogliamo, ma anche un saggio importante delle diminuite potenzialità degli insorti.

Per quanto riguarda le elezioni, il presidente della Commissione elettorale indipendente Fazad Ahmad spiega che sabato hanno votato circa 3,6 milioni di persone in oltre 4.600 seggi: in termini percentuali, si parla di un’affluenza del 40% degli aventi diritto. “Bisogna tenere presente che si tratta soltanto di stime - ha detto all’Ansa Alessandro Parziale, capo missione degli osservatori di Democracy International - anche se esse permettono di dare una prima valutazione positiva di un voto che si è tenuto nella difficile situazione di sicurezza esistente in Afghanistan”. Soddisfatto è anche Hamid Karzai, che in un comunicato ufficiale osserva come “il secondo voto degli afghani nell’era democratica sia stato un passo da gigante per il rafforzamento della democrazia”: il presidente ha anche chiesto agli organismi competenti di accelerare lo spoglio dei voti. I risultati definitivi non sono attesi prima della fine di ottobre.

A nome degli Stati Uniti, dal seggio della scuola di Kabul dove ha votato anche il presidente Karzai, ha parlato David Petraeus. Il voto di sabato, ha osservato il Generale, “è un’ottima opportunità per il Paese e per reintegrare nella società persone che ora ne sono ai margini”: le armi, insomma, sono “necessarie, ma non sufficienti”. Da quando è subentrato al comando al posto del Generale Stanley McChrystal, destituito dopo una controversa intervista al magazine “Rolling Stone”, Petraeus ha sempre sostenuto l’importanza di affiancare alle operazioni militari una strategia di “conversione” degli insorti. In questo quadro si spiega il progetto - ideato da Karzai - di aprire un “Alto Consiglio di pace per aprire un dialogo con gli oppositori, anche talebani, che accettino di rispettare la Costituzione del paese” deponendo le armi.

Dall’Afghanistan, intanto, gli inviati del New York Times fanno un po’ luce sui candidati alle elezioni e sulle impressioni di parte della popolazione. Per due mesi, le città del paese sono state tappezzate di manifesti: “Quando entri a Kabul, ti sembra di entrare in una galleria fotografica, non nella capitale del paese”. A dispetto delle minacce, sono stati in molti a correre per un seggio alla Camera bassa: si va dai membri della società civile agli studenti, dai cantanti agli ex-comandanti talebani, dai dottori agli atleti. Nella maggior parte dei casi, si tratta di persone senza alcuna preparazione politica. Tariq Reshten, insegnante di matematica a Jalalabad, spiega poi i pericoli a cui vanno incontro gli elettori: “L’inchiostro indelebile resta per un po’ di tempo, e i talebani posso individuare facilmente chi si è recato alle urne”. Nel migliore dei casi, il rischio è quello di perdere un dito: troppo per milioni di persone che hanno ancora poca (o nessuna) fiducia nella democrazia afgana.

Nel giorno in cui si terranno i funerali del militare italiano Alessandro Romani, vittima degli scontri e delle tensioni che hanno accompagnato le operazioni di voto, è doveroso concludere accennando alle violenze che hanno costellato il fine settimana. Dopo la morte di Romani, i soldati italiani sono stati nuovamente presi di mira: domenica un ordigno è esploso vicino alla base di Shindand, senza provocare però feriti o danni. Nel nord del paese, invece, sono stati rinvenuti i cadaveri di tre scrutatori, sequestrati dai talebani poco dopo l’apertura dei seggi. Drammatica è infine la sorte di otto bambini, vittime dell’esplosione di un razzo lanciato in precedenza dai talebani: secondo la ricostruzione del capo del distretto, Habibullah Mohtashim, i piccoli stavano giocando nei pressi dell’ordigno. Il ministero dell’Interno ha parlato di “azione anti-islamica e inumana”.

L'Occidentale